di AMDuemila


Passa dal carcere agli arresti domiciliari Pietro Giamborino (in foto), l’ex consigliere regionale della Calabria accusato di appartenenza alle cosche vibonesi dei piscopisani e dei Fiarè Razionale, oltre che di traffico di influenze e corruzione elettorale in concorso con i politici Nicola Adamo e Luigi Incarnato. Giamborino figurava tra gli arrestati lo scorso 20 dicembre nel corso della maxi-operazione condotta dai carabinieri e della Dda di Catanzaro “Rinascita-Scott” contro le locali di ‘ndrangheta del Vibonese.
Adesso il Tribunale del Riesame di Catanzaro ha riqualificato l’accusa di associazione mafiosa in quella di concorso eterno in associazione mafiosa. Previa l’esclusione dell’aggravante mafiosa sono stati annullati dal Riesame il capo relativo alla corruzione elettorale e quelli relativi al traffico di influenze illecite, accogliendo così in gran parte le richieste del difensore di Giamborino, l’avvocato Anselmo Torchia. Giamborino ha oggi stesso lasciato il carcere di Reggio Calabria per recarsi libero e senza scorta nella propria abitazione ove sarà detenuto in regime di domiciliari. Secondo l’accusa Giamborino, avrebbe ottenuto vantaggi “impegnandosi in maniera fattiva, continuativa e concreta ad agire per gli interessi e vantaggi dell’organizzazione, offrendo ovvero promettendo la somministrazione di utilità di varia natura, ivi incluso il conseguimento di impieghi pubblici (in particolar modo, l’aggiudicazione di lavori ad imprenditori vicini ai Piscopisani) e privati, mantenendo i rapporti con esponenti di altre articolazioni della ‘ndrangheta (segnatamente, della cosca Fiarè, Razionale, Gasparro) e con i ‘colletti bianchi (professionisti, imprenditori, politici, appartenenti alla massoneria), di riferimento per la risoluzione dei problemi dell’organizzazione”.
Sempre il Riesame ha emesso altri due provvedimenti nei confronti di altrettante persone coinvolte nell’inchiesta. Il primo è Michele Lo Bianco, detto “u cicciu”, al quale viene contestato il capo associativo, con i giudici che hanno accolto l’istanza avanzata dagli avvocati Michelangelo Miceli e Leopoldo Marchese nell’interesse del loro cliente già condannato nel processo antimafia “Nuova Alba”. Il secondo è Danilo Tripodi, assistente giudiziario dell’allora presidente del Tribunale di Vibo Alberto Filardo. I giudici del Riesame hanno escluso la contestazione di concorso esterno in associazione mafiosa, accogliendo le argomentazioni della difesa, rappresentata dall’avvocato Francesco Sabatino, ma confermando l’ipotesi di corruzione in atti giudiziari. Così è stato disposto il mantenimento allo stato della misura della custodia in carcere.