“La politica è tale se prefigura il nuovo, non esiste politica che non prefiguri il nuovo”, tuonava Ciriaco De Mita negli anni ’80 del Novecento, già Presidente del Consiglio e più volte Ministro. Un concetto, quello di “nuovo”, che non risulta essere per niente agevole nel definirsi. Cosa sia la novità, la diversità, il tratto caratteristico, in un contesto storico protagonista di “Mani sul terremoto”, “Tangentopoli” o – ancora – del caso “Parmalat”, trova infatti una vera e propria crisi etimologica avvertita da politici, da chi questi li studia, e da chi, poi, li vota. Attualmente, la caduta del Governo Draghi, non aiuta l’indagine anzidetta; si tratta del 66esimo governo – in 73 anni di storia repubblicana – battuto dalla crisi. Indi per cui, sarebbe bizzarro scrivere di “nuovo”. È un panorama che i nostri occhi hanno già scrutato, alcuni in lacrime, altri con la secchezza simile a quando si osserva il sole; a guardare “i migliori”, in pompa magna, a volte ci si scotta. E questa volta, con pandemia e guerra di contorno, ci ritroviamo un boccone che tanto succulento non è. Per digerirlo, il Presidente Mattarella ha sciolto le Camere, mandando al voto gli italiani il 25 settembre che verrà. Un’espressione democratica, però, sterile e vittima della disinformazione contemporanea. “C’è questa scuola che per far sentire fluidi i bambini fa l’appello per cognome”, urla il leader della Lega, ignorando che in tutta Italia, da che se ne abbia memoria, gli studenti vengono chiamati per cognome. Salvini, però, “suda” e “si fa la barba”, a “differenza di quelli del PD”, sostiene armato di microfono. Eppure, chi sta scrivendo la barba se la fa quasi ogni giorno, sudando però freddo a causa di altre esternazioni. È il caso dei 15 punti prioritari di Giorgia Meloni che, fulmen in clausola, pone il divieto di “usare termini stranieri in atti ufficiali e normativi” (punto 6); la contradictio in adiecto arriva subito dopo, al punto 7 dello stesso programma, usando i termini “made in Italy” e “racket”. Coloro, poi, che avrebbero dovuto aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno, sono passati a venderlo inseguendo Di Maio in IPF. Forza Italia, a conclusione, assiste ad una fuga di cervelli interni e si concentra sull’altezza del Ministro Brunetta. È in questo spettro politico che il nostro segretario Enrico Letta dovrà lavorare sodo. Il Partito Democratico resta, negli anni, espressione di solidità e compattezza ideologica, un gruppo di interessi radicato sul territorio da anni e che oggi è chiamato a rispondere ad una delle crisi di Governo più ostiche della storia repubblicana. Occorre non solo fare scudo e spada a populismi e sovranismi pro tempore, ma trasmettere progetti e fiducia sia nell’elettore che nei medesimi membri interni di partito, evitando dispersione di idee. Quanto riportato viene infine inglobato dall’astensionismo; a porlo in essere, per di più, sono i giovani che non si rispecchiano in nessun rappresentante politico. È qui che avverto l’esigenza di proporre, condividendo in queste sedi editoriali il progetto “#20e30” pensato da Lorenzo Pavanello, giovane laureato in economia aziendale. Nato sui social, “#20e30” si pone l’obiettivo di coinvolgere – all’interno dei svariati programmi elettorali – le idee e proposte di ragazzi dai 20 ai 30 anni. Sono 5 categorie toccate (istruzione, ambiente, lavoro, diritti civili e sociali, welfare), spaziando da investimenti nella ricerca universitaria alla pulizia degli ecosistemi marini e terrestri, dal salario minimo al voto garantito per i fuorisede. Ad accettare la sfida, infine, sono già i Giovani Democratici milanesi, insieme alla deputata PD Chiara Gribaudo. Si dia, dunque, un serio ascolto alla popolazione giovanile, la stessa che si ritrova costretta a scappare all’estero, la medesima vittima di salari impresentabili, stage non pagati e deficit politici confluenti nel “partito del non voto”. Si porti avanti l’animo costruttivista che il Partito Democratico ha da sempre introdotto, basti citare il coinvolgimento giovanile che lo stesso promosse con misure quali il Bonus Cultura 18app (dimezzato e abbandonato da certa destra). Non si può giocare a palla avvelenata con il futuro, non possono farlo né sovranisti né populisti. Perché ragazzi e ragazze ce la stanno mettendo tutta. Eppure, sia la dote che la volontà dell’ascolto sembrano alquanto rare. Ritroviamole. O meglio, chi le ha smarrite ci lavori su, possibilmente senza disinformare, sostenere tiranni e promuovere culture anti-integrazioniste. Creiamo e diamo spazio al “nuovo”.

Aldo Maria Cupello, Dirigente Partito Democratico