Di Saverio Di Giorno

Il comune di Belvedere Marittimo è in dissesto. E qual è la notizia? Anche Belvedere? Pare proprio che non sia un bel periodo per gli amministratori dei comuni dell’Alto Tirreno Cosentino, anzi per la provincia di Cosenza, a cominciare da Cosenza stessa. Da una parte i conti che non si trovano, dall’altra le indagini della procura di Paola e ovviamente le pressioni della criminalità organizzata.
Non è credibile che sia solo questione di amministratori incapaci, anche perché sarebbe una amara consolazione sapere che da anni il territorio è in mano a degli incompetenti. Ora la gara è a cercare i colpevoli, però forse bisognerebbe parlare di un modo di amministrare che ha prosciugato le ricchezze dei comuni. Belvedere è solo l’ultimo caso, ma c’è anche San Nicola Arcella. A fine anno scorso è stata resa nota la delibera n.229 nella quale si mette nero su bianco un debito superiore a 4 milioni di euro. Inutile parlare della particolare situazione di Scalea: anche in questo caso debiti da diversi milioni. E infine Belvedere. Notizie che in piccolo sembrano replicare, come vedremo, il modello più grande di Cosenza. Bisogna andare con ordine.
Il sito web l’Italia in dettaglio fornisce un database di tutti i comuni italiani con relative entrate e spese divise in una trentina di voci diverse. Capire dove queste spese sono di troppo guardando solo questo forse è un azzardo, ma un confronto con i comuni del nord Italia, i secchioni, forse può essere utile. In un comune da 10.000 abitanti circa, il 6,25% degli abitanti sono impegnati nell’amministrazione (il dato è comprensivo di tutte le amministrazioni sul territorio), a Scalea sono il 26% e a Belvedere lo stesso. Se si confrontano le città da 70000 abitanti come potrebbero essere Cosenza e Asti troviamo una situazione simile: 47% degli occupati a Cosenza lo è in un’amministrazione, ad Asti il 18%. Se guardiamo le spese stipendiali, forse la situazione appare ancora più chiara. Asti spende 12 milioni per il personale assunto a tempo indeterminato, quello di Cosenza quasi 14. Per i comuni più piccoli il confronto è anche peggiore perché mentre un comune del nord spende 950.000 euro circa Scalea spende 1 milione e 800 mila euro e Belvedere un milione e mezzo. Poi ci sono le spese per i contratti a tempo determinato che al nord non esistono e via di questo passo…
Spulciando tra le altre voci, poi, ne spunta una sola al sud, sia tre le spese che tra le entrate. Sono i prestiti e le restituzioni al tesoriere. Sono le voci più importanti, da decine di milioni di euro. Un precedente lavoro pubblicato con il titolo “Procuratore Bruni guardi nella Bcc” saltava fuori che molti comuni del Tirreno hanno le loro tesorerie presso la Bcc di Verbicaro esattamente dove hanno i loro conti alcuni amministratori. Viene da chiedersi come sia stato possibile concedere ancora liquidità se le casse erano in queste condizioni.
A ben vedere, i dati del database sono aggiornati al 2016 e non mettono in evidenza particolari situazioni di debito; ammesso che siano reali, perché per quanto riguarda il comune di Cosenza già sappiamo che sono falsi. La Corte dei Conti ha stabilito che dal 2015 sono raddoppiate le entrate e dimezzate le spese per truccare la capacità di spesa. La liquidità che riusciva ad ottenere dalle banche inoltre non veniva utilizzata per risanare il bilancio, ma per altre spese.
Siccome il sistema è simile, finora viene il dubbio che lo sia anche in questo passaggio. L’opposizione di San Nicola ne è certa: sono stati approvati bilanci falsi. Una cosa che se verificata, avrebbe delle serie conseguenze, probabilmente anche per chi ha continuato a cedere somme allegramente. Che fine hanno fatto i prestiti non restituiti? La procura di Paola ha messo in luce come molti finanziamenti potrebbero essere finiti nelle tasche degli amministratori stessi e delle loro aziende.
L’ex maresciallo Galati in un’intervista pubblicata con il titolo “Cosa succede nell’Alto Tirreno?” ha parlato di accordi tra imprenditori e amministratori. Ad esempio, in campagna elettorale possono essere investiti fondi illeciti che hanno come controparte poi la vittoria di appalti. Se questo non avviene, però, gli accordi saltano insieme alle auto e i furti nelle abitazioni. Proprio come sta avvenendo sulla costa o addirittura, verrebbe da aggiungere alle ipotesi del dott. Galati, in casi più grandi, la perdita di coperture giudiziarie e con soffiate ai giudici, perché non è detto che sia un sistema valido solo per la costa tirrenica.
Il quadro che appare al di fuori dei numeri è quello di un territorio che vive sui fondi che vengono erogati da regioni, province e comuni e che tra assunzioni dirette e incarichi vari danno da lavorare a centinaia di persone. È una cronica mancanza di industrie che qui occupano solo il 6% della popolazione, mentre al nord il 26%. Le percentuali tra operai e addetti nell’amministrazione sono invertite. Che succede quando però cominciano a mancare i fondi in maniera seria? Quando rischiano di portarsi giù persino la Regione? Che saltano gli accorsi, saltano gli stipendi si smuovono le acque che restituiranno sulla spiaggia qualche “cadavere”, ma fanno salire a galla qualche coscienza.