Nel cuore della Calabria tirrenica, incastonato tra le colline e il mare, Cleto è uno di quei borghi che sembrano sospesi nel tempo. Ma ogni estate, da più di un decennio, questo piccolo paese si trasforma nel cuore pulsante di una delle esperienze culturali più autentiche del Sud Italia: il Cletofestival.

Nato nel 2011 da un’idea giovane e visionaria, il festival è cresciuto anno dopo anno, diventando un punto di riferimento per chi crede nella forza della cultura dal basso, nel valore della partecipazione e nella bellezza della “restanza”. Concerti, dibattiti, laboratori, installazioni artistiche e mostre hanno animato le viuzze del centro storico, coinvolgendo artisti e intellettuali da tutta Italia e soprattutto gli abitanti del borgo, veri protagonisti di questa rivoluzione lenta e resistente.

Un festival che si è sempre autofinanziato, grazie all’impegno del collettivo organizzatore e all’appoggio della comunità, senza mai contare su contributi pubblici strutturati. Una scelta coraggiosa, che ha reso il progetto libero e indipendente, ma anche fragile e costantemente a rischio.

Oggi, dopo più di dieci anni di attività, mantenere viva questa realtà è sempre più difficile. Per questo il presidente dell’associazione promotrice, Fabrizio Rasori, ha deciso di lanciare una campagna di crowdfunding su Produzioni dal Basso. L’obiettivo è ambizioso — raccogliere 30.000 euro in poco più di un mese — ma necessario per garantire una nuova edizione del festival e sostenere le spese logistiche, artistiche e organizzative.

«Il Cletofestival non è solo un evento culturale. È un gesto politico, un’azione collettiva, un modo per prendersi cura del proprio territorio», dichiarano gli organizzatori. «Dopo più di dieci anni, portare avanti questo progetto richiede uno sforzo enorme. Ma crediamo che valga ancora la pena, se in tanti decidiamo di esserci».

La sfida è appena iniziata e il tempo stringe: mancano solo 34 giorni per raggiungere la soglia e permettere alla comunità di Cleto — e a chi ne condivide i valori — di riappropriarsi di un progetto che ha saputo cambiare volto al territorio.

Il festival, che si fonda su principi come l’autogestione, l’inclusività e il radicamento territoriale, rappresenta un modello replicabile di rigenerazione culturale nei piccoli centri italiani, sempre più minacciati dallo spopolamento. A Cleto, invece, il festival è diventato occasione di ritorno per molti emigrati, momento di incontro tra generazioni e culture, spazio di confronto e sperimentazione.

In un tempo in cui è facile cedere al disincanto, Cletofestival continua a essere un’utopia concreta. Ma ora ha bisogno di tutti noi.

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