Come promesso nel mio recente intervento pubblicato da alcuni organi di stampa locali, con oggi inizio a trattare in modo più analitico i singoli argomenti cui ho fatto cenno. Ritengo sia necessario partire da quello che, in questo momento storico, raccoglie il maggiore interesse, visto che la Giunta Comunale, attraverso legali esterni, ha notificato e continua a notificare atti di citazione ai cittadini che non hanno ancora dato la propria disponibilità a stipulare con l’Ente l’atto di trasferimento dell’immobile di cui sono destinatari: mi riferisco, naturalmente, alla questione demanio. Della quale espongo preliminarmente una breve cronistoria, per poi giungere alle mie considerazioni personali.
La Legge n. 113/1983 – la c.d. Legge Praia – prevede la vendita, a trattativa privata ed a favore del Comune di Praia a Mare, dei suoli del demanio marittimo posti tra il Comune di Tortora ed il Torrente Fiuzzi, con l’obbligo dell’Ente di alienare a propria volta i vari lotti a favore di occupanti e concessionari.
Il Comune, nel 2012, ha raccolto le proposte d’acquisto (irrevocabili) dei diversi cittadini per i quali ricorrevano le condizioni ed i presupposti previsti dalla normativa,i quali hanno dato avvio al versamento del prezzo tramite piani rateali concordati con l’Ente.
Di seguito, nel 2016, lo stesso Comune ha stipulato l’atto con cui ha acquistato l’area demaniale, invitando successivamente chi aveva presentato la proposta irrevocabile ad acquistare i lotti di propria spettanza.
E’sorta, tuttavia, una disputa, per via del fatto che l’atto d’acquisto dell’area demaniale da parte del Comune non prevede, per i fabbricati edificati sulle aree (abitazioni, locali commerciali, strutture ricettive) pur compresi nella vendita per effetto del principio dell’accessione, le menzioni previste da altre leggi dello stato sotto pena di nullità.
Il tenore dell’atto comporta, così, che sia controverso che il Comune, secondo quanto prescritto dalla Legge Praia, possa realizzare l’effettivo trasferimento a favore dei cittadini interessati non solo della proprietà dei terreni, ma anche di quella dei fabbricati, poiché gli atti relativi potrebbero essere anch’essi travolti dalla nullità.
Per lo più, chi aveva presentato la proposta d’acquisto, ha manifestato la propria disponibilità a stipulare l’atto definitivo di compravendita,chiedendo semplicemente che il contratto di vendita dell’area demaniale a favore del Comune fosse rettificato, con l’inserimento di un riferimento specifico ai fabbricati e alle relative menzioni richieste dalla legge, che avrebbero potuto, in questo modo, essere poi richiamati anche nei contratti di cessione dei singoli lotti.
La questione è stata oggetto di interpellanza parlamentare: purtroppo nella risposta il relatore si è limitato esclusivamente a riepilogare gli accadimenti, senza dare alcuna indicazione in merito alla potenziale nullità dell’atto di trasferimento dei terreni al Comune. Anche se, è storia recente, vi è stato il vano tentativo di far passare la risposta come una sorta di legittimazione dell’atto medesimo.
Ritengo che quella di modifica dell’atto sia una richiesta assolutamente legittima che, anche in virtù dell’esiguità della spesa (siamo nell’ordine delle centinaia di euro), qualsiasi persona di buon senso avrebbe immediatamente accolto di buon grado. E invece, come noto a tutti, non è andata così! Il Comune non ha aderito alle richieste ed ha avviato (e continua ad avviare) azioni giudiziali nei confronti dei cittadini, volte ad ottenere la condanna a stipulare l’atto di compravendita di chi aveva presentato la proposta d’acquisto. Si tratta di un atteggiamento dettato esclusivamente da ragioni di principio o, ancora meglio, di puntiglio(dal dizionario della lingua italiana: ostinazione risentita e altezzosa, determinata da un falso punto di onore o da un malinteso orgoglio)di un sindaco che, pur di non riconoscere l’errore commesso, è disposto a chiamare in causa mezzo paese, nonostante la stragrande maggioranza dei notai che conoscono la questione si siano rifiutati di redigere gli atti di trasferimento ai cittadini, rilevando la potenziale nullità dell’atto prodromico.
Con la conseguenza che, se, come sta accadendo, il Comune dovesse agire nei confronti di tutti i cittadini interessati all’acquisto di un lotto di area demaniale, vi sarebbe l’introduzione di oltre 100 cause; di modo che, considerando le anticipazioni che vengono normalmente erogate agli avvocati difensori dell’ente, pari ad €.4.500,00 per ogni causa, si arriverebbe ad una spesa complessiva di oltre €.500.000,00. Nel merito è d’obbligo precisare che ad oggi, le spese per incarichi legali,sono di circa €.300.000,00.
Peraltro, se, nei giudizi, dovesse esservi la soccombenza del Comune, solo in primo grado vi sarebbe il rischio di affrontare spese per almeno €. 10.000,00 per ciascun giudizio, con un esborso che potrebbe, dunque, arrivare facilmente a superare il 1.000.000,00 di euro . Tutto ciò fermo restando che in ogni caso, con l’introduzione del contenzioso e con la prospettiva di dover affrontare più di un grado di giudizio, occorre considerare che la questione potrebbe restare pendente anche per più di 10 anni, con i costi che, naturalmente, lieviterebbero ulteriormente.
Come detto, l’alternativa a tutto questo sarebbe stata la mera stipula di un atto notarile di rettifica, al costo di poche centinaia di euro, a seguito della quale non sarebbe stato necessario introdurre giudizi ed affrontare spese.E qui mi domando: i miei colleghi consiglieri di maggioranza hanno provato a valutare il danno erariale che la questione potrebbe provocare, danno che ricadrebbe su tutti i componenti della Giunta firmatari degli incarichi legali (me compreso), che al verificarsi di una tale ipotesi sarebbero chiamati a rispondere personalmente con il proprio patrimonio?
Chi, nell’esercizio delle sue prerogative pubbliche, ha scelto la strada più onerosa e più complessa, si è evidentemente gravato della relativa responsabilità.
Una responsabilità che pesa anche su di me, reo di aver dato fiducia a chi si occupava della questione, non senza però averlo invitato costantemente ad un confronto con i tanti notai che continuavano a non stipulare gli atti di trasferimento dal comune ai cittadini, ricevendo sempre un netto rifiuto. I fatti, il tempo e le continue contraddizioni oltre che la lettura data alla risposta all’interrogazione parlamentare di cui ho detto sopra hanno offeso la mia intelligenza, portandomi a nuove determinazioni, frutto anche del mio continuo confrontarmi con tutti: sono infatti fermamente convinto che chi amministra abbia il dovere di confrontarsi con i cittadini sempre, non solo in campagna elettorale, avendo l’umiltà di ascoltarne i consigli e la disponibilità a raccoglierne le istanze, specialmente se giungono dopo oltre quaranta anni di attesa e sono assolutamente legittime!Un’amministrazione deve dare certezze anche a costo di ammettere eventuali errori di gestione, soprattutto in questioni cosi rilevanti.
Nella gestione amministrativa occorre ispirarsi ai principi di economicità ed efficienza, che nel caso di specie sono stati evidentemente disattesi.
Così come è stato disatteso il principio di base che dovrebbe muovere qualsiasi amministratore pubblico, soprattutto in presenza dell’interesse di una porzione importante della comunità amministrata: lo spirito di servizio a favore e vantaggio di tutti i cittadini, siano essi belli o brutti, buoni o cattivi, che abbiano votato a favore o contro alle ultime elezioni! Non solo! Quel che è peggio è che non può non esistere la consapevolezza che comunque si risolva la questione saranno sempre e solo i cittadini a rimetterci: con le proprie tasche in caso di loro soccombenza nei giudizi; ancora con le proprie tasche ma attraverso le casse comunali nel caso di soccombenza dell’Ente. E qui credo si possa parlare anche di mancanza di rispetto nei confronti di chi, costretto a difendersi, è altresì costretto a pagare cifre importanti per incarichi legali sottraendole alla propria famiglia o, peggio, a rivolgersi a banche o società finanziarie per recuperare il denaro necessario.
In attesa di conoscere, nell’arco di un decennio, con le pronunce giudiziali, se il Comune è incorso in un errore anche sul piano tecnico – giuridico e se ha cagionato pregiudizi ai cittadini interessati all’acquisto di porzioni dell’area demaniale, si sta già producendo un danno enorme per tutta la comunità.
C’è ancora spazio, tuttavia, per evitare simili conseguenze: basterebbe semplicemente considerare nuovamente l’ipotesi della rettifica o di riproduzione dell’atto d’acquisto e fermare i giudizi già introdotti, prima che maturino i termini dell’esecuzione delle attività difensive dei convenuti ed i relativi costi.


CONSIGLIERE COMUNALE ANTONINO DE LORENZO