Ill.mo Presidente Giuseppe Conte,

Le scrivo questa lettera in un momento in cui l’emergenza ha riportato al centro della questione politica l’uomo, il cittadino, i suoi bisogni essenziali.
Sono un giovane imprenditore Calabrese la cui impresa, come tante altre, è stata travolta dall’espandersi di questa pandemia e dalle misure adottate per arginarla. Ho rispettato con convinzione le indicazioni del Governo, consapevole che, in momenti come questi, ognuno deve fare la sua parte. Poco più che maggiorenne ho deciso di fondare la Serviziedilizivillella srl, azienda operante nel settore edile e in un territorio dove fare impresa è difficile, ma che è anche il luogo dove sono nato e che voglio provare a rendere migliore.
Lei sta guidando il paese in uno dei momenti più difficili della storia, dovendo prendere decisioni importanti che avranno ripercussioni anche sulle generazioni future e facendo un’affermazione che risuona nella mia testa ogni giorno: “Nessuna impresa chiuderà, nessuno perderà il lavoro”.

Presidente lei ha ribadito che il governo non opera nelle tenebre ed ha scelto la via della trasparenza e della verità e per questo vorrei chiedervi se ci crede nella sua affermazione che nessuna impresa chiuderà. Dobbiamo essere consapevoli che tanti imprenditori non riusciremo a reggere il peso economico di questa pandemia e si troveranno costretti a chiudere, portando dietro questa scelta anche tanti padri di famiglia che perderanno il lavoro. Le scelte economiche prese dal Governo ritengo non siano sufficienti a scongiurare la chiusura delle attività produttive e lo affermo da umile imprenditore che sta provando sulla propria pelle gli effetti delle misure prese. La mia paura più grande è non riuscire a riprendere la normale attività lavorativa perché impossibilitato a colmare due mesi di assenza di fatturato. Presidente chiudere la mia azienda mi fa molta paura perché non sono i guadagni che mi spingono a lavorare ma è il mio amore e l’identificazione con la mia impresa che mi porta a lottare quotidianamente tra burocrazia e tasse.
Il settore edilizio non può ripartire con le misure economiche adottate perché non tengono conto della nostra più grande spesa cioè la tassazione esistente dietro il lavoratore dipendente. Ripartire dovendo versare tutta la contribuzione prevista per i lavoratori dipendenti comporterebbe la drastica riduzione di personale se non, appunto, la chiusura dell’azienda. Perché è ovvio che finita questa pandemia dovremmo fare i conti con i fisiologici decrementi della domanda per parecchio tempo.
Credo che il primo passo, affinchè nessuno perda il posto di lavoro, sia che per i prossimi 2 anni vengano ridotte al minimo, se non eliminare, le spese di contribuzione per i lavoratori dipendenti. Nessun imprenditore si sognerebbe mai di lasciare senza stipendio un padre di famiglia ma questa tassazione, in questo momento storico, non può essere sostenuta. Presidente, oggi medici e infermieri hanno sulle spalle la salute di una nazione in ginocchio, vi prego di metterci nelle condizioni di poter avere sulle spalle l’economia della nazione per poterla fare rialzare.

Carmine Villella, Imprenditore Lametino.