Mutuando una frase storica dei tempi del Manifesto comunista, potremmo dire che “uno spettro si aggira sulla politica in Calabria: lo spettro del mega blitz giudiziario”. Un Big bang delle inchieste, la madre di tutte le indagini a firma delle Procure più pesanti della regione. Contro lo spettro del comunismo in Europa si erano coalizzati, “il papa e lo zar, Metternich e Guizot, radicali francesi e poliziotti tedeschi”(…) in questo caso, invece, la politica calabrese, reagisce con la paura, con l’ansia, con le strette di spalle, con il silenzio.

Il timore è sussurrato dietro una finta calma apparente. E tuttavia, nei luoghi della politica calabrese, nei palazzi del potere, nei corridoi delle sedi legislative non si parla d’altro. I big ti avvicinano sottovoce per chiederti se hai sentito dire che da un momento all’altro una raffica di arresti potrebbe colpire pesantemente la politica e la Pubblica Amministrazione, i comuni. Una situazione nella quale, spesso, i cronisti vengono intervistati, invece di intervistare, nella speranza che possano fornire smentite o conferme alla sensazione che si respira.

Quello che si percepisce chiaramente, è la manifestazione di uno stato di angoscia, soprattutto, in alcuni potenti calabresi, i quali, sembrano degli zombi nell’affannosa ricerca di una rassicurazione, magari propedeutica al training autogeno assistito.

“Si dice che siano 204 i provvedimenti già firmati – afferma qualcuno – no no, sono oltre 350” – rettifica qualcun altro – “ma sai se riguardano la regione? –chiede preoccupato qualche altro papavero del potere – “da quanto ne so la prossima retata riguarda Cosenza” – risponde, invece, chi vuole dare l’impressione di avere notizie più fresche -.

Queste sono alcuni dei ragionamenti nei quali ti imbatti nei luoghi bazzicati dalla politica o nelle sagrestie dei santuari del potere in salsa calabra. E, tali ragionamenti non è raro sentirli anche oltre Regione, nel transatlantico di Montecitorio, nel quale si sostiene che in Calabria qualcosa di “tragico” possa azzerare gli equilibri tradizionali della politica regionale.

Sono in molti a chiedersi se lo stato di ansia che si è diffuso nel mondo della politica abbia qualche fondamento, oppure, è il frutto della fantasia spinta di chi tenta di tenere in fibrillazione la fase politica. I riflettori sono tutti puntati sul Super Procuratore della Calabria: Nicola Gratteri. Politici, imprenditori, giornalisti, da tempo, ormai, non si limitano solo a registrare le esternazioni del Magistrato, ma ne analizzano anche le sillabe, nella speranza di trovare qualche conferma alle voci che circolano costantemente. Interpretare cosa si nasconda tra le righe delle affermazioni di Gratteri, sembra ormai diventato lo sport nazionale. E da questo punto di vista, Gratteri non delude, anche perché, tra la presentazione di un libro e le conferenze stampa di rito, le esternazioni del Procuratore non mancano mai. Occasioni ghiotte, soprattutto per quei retroscenisti che di mestiere godono nel vedere i politici e gli uomini di potere di questa regione affogare nell’angoscia di essere travolti in scenari catastrofici.

Il procuratore di Catanzaro, tra l’altro, non ha mai nascosto l’obiettivo e l’esigenza di un repulisti generale in Calabria per contrastare la corruzione, il voto di scambio, le infiltrazioni della criminalità organizzata nelle istituzioni. Da questo punto di vista, è nota la sua affermazione di sentirsi in guerra sul fronte del contrasto alla ndrangheta e il malaffare. Uno tale contesto dunque, alimenta e conferma le paure di coloro che sono convinti che una bomba giudiziaria di proporzioni storiche stia per abbattersi trasversalmente sulla classe politica e sulla burocrazia calabrese. La bomba giudiziaria, almeno secondo il pourparler, non dovrebbe risparmiare nessuno e potrebbe colpire anche alcuni grossi enti locali della regione. Un mega blitz destinato a stravolgere radicalmente lo scenario politico calabrese.

E, infatti, l’aria che si respira è pesante e rende precarie anche scelte che sembrano assodate. E d’altronde, la grana caduta tra capo e collo su Oliverio e il suo entourage, ha prodotto e alimentato ancor di più uno stato di inquietudine e di tensione che si taglia con il coltello. Un mese fa, Oliverio e Adamo, sventolando la richiesta di decine di sindaci calabresi annunciavano al “mondo” la ricandidatura del Governatore: in pochi giorni è cambiato tutto, non solo quella ipotesi è sempre più lontana, ma è a rischio anche la possibilità di arrivare a fine legislatura.

“Se Atene piange, Sparta non ride”, si recitava nell’Aristodemo di Vincenzo Monti. E, infatti, se, allo stato, quello che sembrerebbe destinato a succedere a Mario Oliverio alla guida della regione, ovvero, l’attuale Sindaco di Cosenza Mario Occhiuto, sembra avere davanti a sé un’autostrada spianata, sono in molti a sostenere, invece, che all’orizzonte incombono grossi nuvoloni neri sul piano giudiziario che potrebbero far saltare quella spianata. Da mesi, infatti, trapelano indiscrezioni su inchieste della Dda, su dichiarazioni di pentiti che aleggiano sull’amministrazione cittadina, tali da compromettere e, addirittura, far saltare il progetto del primo cittadino bruzio di trasferire il modello Cosenza al decimo piano della cittadella Regionale.

Voci, retroscena, indiscrezioni che si affastellano e si incrociano con la discussione e con le battaglie politiche interne ed esterne alle forze tradizionali del centrodestra e del centrosinistra. Quanto tutto ciò sia fondato, evidentemente, lo scopriremo solo vivendo. È indubbio, comunque, che i retroscena si susseguono in maniera uniforme in tutta la Calabria. A Reggio Calabria, per esempio, sembra che possa partire un’altra tempesta. Inchieste che alcuni ritenevano fossero finite in un binario morto e che, invece, negli ultimi mesi hanno ripreso nuovo vigore. Se a ciò, si aggiunge che anche le Procure di Paola e Castrovillari potrebbero serbare qualche sorpresa (sulla Tirrenica cosentina, infatti, le prime avvisaglie sono state pesanti), considerato il proverbiale attivismo dei due Procuratori sul fronte della lotta alla corruzione nella Pubblica Amministrazione, il futuro e il 2019 per la politica calabrese si presenta fosco e incerto. Nel commentare questa paura mi viene in mente una frase Aung San Suu Kyi, “Non è il potere che corrompe, ma la paura. Il timore di perdere il potere corrompe chi lo detiene e la paura del castigo del potere corrompe chi ne è soggetto”.

Di Pasquale Motta, direttore LaCNews, che ringraziamo.