Di Settimio Alò

 

L’argomento violenza nelle scuole, mai come in questi giorni sta entrando nelle nostre case, ripercorrendo vite particolari e turbate di ragazzi adolescenti, protagonisti di atti censurabili e deprecabili nei confronti di compagni o peggio di docenti. Assodato che sia violenza imporre agli studenti la noia di uno studio lontano dai loro interessi, e che le solite frasi “devi studiare” o “se non lo farai sarai punito” rappresentino muri invalicabili, a qualcuno (chiunque esso sia stato) è mai interessato far capire a questa particolare gioventù, quanto bello sia il conoscere? Miglior risposta la si trova nella società attuale. Lo studio animato dalla passione aiuta a superare i conflitti con sé stessi e con gli altri. La paura della punizione e la sensazione di essere inadeguati, incentivano la rabbia e l’alienazione. Un brutto voto potrebbe non rappresentare il miglior e più proficuo deterrente verso i giovani più turbolenti e non convince gli ultimi della classe ad impegnarsi. Di contro, se i ragazzi riuscissero ad appassionarsi studierebbero di buona lena e lo farebbero con piacere. “Sono anni che lavoro con ragazzi problematici e criminali precoci, racconta un docente di psicologia e pedagogia, ed ho sempre verificato che quando questi spezzano la corazza della diffidenza e del senso di inferiorità, iniziano ad impegnarsi anche più “dei più bravi”. Tale concetto però, sottile e determinante per la formazione della personalità degli studenti, non lo capisce o non vuole farlo proprio, chi non crede nella possibilità di far germogliare nei giovani l’amore per la conoscenza”. Anni fa ebbe successo sulla stampa di Firenze un progetto sviluppato dagli studenti di un liceo scientifico. L’idea era di usare tutte le competenze del corpo insegnante e di alcuni esperti esterni per condurre un’analisi dei consumi energetici del loro edificio scolastico. Gli studenti, i professori, il preside e il provveditore agli studi parteciparono con entusiasmo alla conferenza stampa gremita di giornalisti. Un successo non previsto e dalla cassa di risonanza mediatica dalle proporzioni notevoli. Lavori di gruppo e passione comune, che misero in evidenza doti “nascoste” e percezioni didattiche, di quei cosi detti “teppistelli” più di quelle dei “soliti” noti primi della classe. Risultato e traguardo brillante quanto inatteso, specie da chi registri e penne nei confronti di tali soggetti, le usavano solo a colore rosso. Insomma coinvolgere ed appassionare chi spesso nell’occhio del ciclone secondo alcuni studi ridurrebbe voglia e desideri di primeggiare usando metodi violenti. Non ci si stupisca se gli studenti svogliati, ragazzi con problemi anche mentali diventino violenti. Solo se gli studenti trovano un motivo per produrre cultura, solo se si appassionano, apprenderanno con grande profitto. Solo una scuola che insegna a diventare culturalmente attivi può coinvolgere anche gli ultimi della classe. Quando imparare diventa passione si riesce a dare anche a chi proviene da una famiglia culturalmente povera, i mezzi e il metodo per capire questo mondo e realizzare con successo un progetto di vita. Solo la passione per l’arte, per la scienza, per lo sport può rendere ricchi di valori civili e fare argine contro la noia, l’alienazione, il bullismo. Il bullismo come noto costituisce una manifestazione d’aggressività fra le più deleterie e distruttive. Il bullo si configura come un soggetto caratterizzato da aggressività e scarsa empatia, da una buona opinione di sé, da un atteggiamento positivo verso la violenza. Al contrario, la vittima tende a chiudersi in atteggiamenti ansiosi e insicuri e a produrre un’immagine di se negativa, in quanto persona inetta e di poco valore. Ma di soluzioni certe e definitive all’orizzonte non se ne intravedono