C’è anche il boss del quartiere Archi di Reggio, Paolo Rosario De Stefano, tra gli arrestati nell’ambito dell’inchiesta “Nuovo Corso”. Il figlio del defunto Giovanni De Stefano, infatti, è uno dei destinatari dell’ordinanza di custodia in carcere emessa dal gip Tommasina Cotroneo su richiesta del procuratore Giovanni Bombardieri e dei sostituti della Dda reggina Stefano Musolino e Walter Ignazitto. La squadra mobile di Reggio Calabria ha arrestato anche Andrea Giungo, Domenico Morabito, Paolo Caponera e Domenico Musolino.

Gli indagati sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione e tentata estorsione ai danni di affermati imprenditori, aggravate dal metodo e dall’agevolazione mafiosa. Gli investigatori della Squadra mobile, coadiuvati dagli equipaggi dell’Ufficio Volanti della Questura di Reggio Calabria, stanno eseguendo anche perquisizioni domiciliari a carico degli indagati. I particolari dell’operazione sono stati resi noti nel corso di una conferenza stampa dal procuratore della Repubblica Giovanni Bombardieri, con la partecipazione del questore Bruno Megale, del dirigente della Squadra mobile e della Sezione criminalità organizzata.

Stando all’inchiesta, tra il 2015 e il 2018, l’imprenditore reggino Francesco Siclari avrebbe pagato “a titolo di pizzo”, e in più tranche, la somma di 80mila euro, corrispondente al 2% del valore dei lavori di ristrutturazione del centralissimo corso Garibaldi. L’estorsione ha visto come vittima anche l’imprenditore di Cirò Marina (Crotone) Antonio Porta che, con Siclari, era componente dell’Ati che si era aggiudicata l’appalto. Siclari, inoltre, avrebbe subito una seconda estorsione per i lavori di riqualificazione di Piazza Duomo.

Tutte e due le richieste di pizzo sarebbero state avanzate da Andrea Giungo che, assieme a Domenico Morabito, è accusato anche di associazione a delinquere di stampo mafioso. Secondo i pm, infatti, sarebbe stato Andrea Giungo il soggetto del clan di Archi che ha accompagnato Siclari al cospetto del boss Paolo Rosario De Stefano. Gli indagati, in sostanza, rivendicavano quello che i pm descrivono come “il diritto di autorizzare l’esecuzione dei lavori edili nella zona controllata dal loro sodalizio mafioso”. In caso di mancato accoglimento della richiesta estorsiva, inoltre, gli arrestati avrebbero prospettato “azioni ritorsive”. In sostanza, per i De Stefano, l’imprenditore aveva la “necessità di ‘protezione’ anche in ragione dei danneggiamenti e dei furti perpetrati nei cantieri”.

“Ti sei aggiudicato i lavori del Corso Garibaldi eventualmente vedi che noi se viene qualcuno a trovarti di altre famiglie eventualmente gli dici che hai parlato con noi”: stando alle dichiarazioni della vittima, sarebbe stata questa la frase che Andrea Giungo avrebbe detto a Siclari.

Una richiesta di pizzo, inoltre, sarebbe stata avanzata addirittura all’interno della cattedrale: “Lo incrocio vicino al Duomo – racconta Siclari ai pm – e mi dice di entrare dentro la chiesa, la cattedrale. Con questo con sta motocicletta mi affiancano sulla via San Francesco Da Paola e mi dicono di fermarmi e mi fa segno che devo entrare dentro la cosa … entriamo dentro la cattedrale, ci sediamo in un banco, io terrorizzato perché ho … cominciavo a capire la pericolosità del soggetto”. Oltre alla collaborazione dell’imprenditore, l’impianto accusatorio poggia le sue basi sulle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Maurizio De Carlo.

Nell’ordinanza il gip parla di “morsa asfissiante nella quale rimangono vittime gli operatori imprenditoriali del territorio governato da cosche di ndrangheta potenti, storiche e terribili come la cosca De Stefano”. Oltre agli arrestati, nell’inchiesta sono indagati anche Paolo Morabito e Vincenzino Zappia, ritenuto il braccio destro del boss Giuseppe De Stefano.

I NOMI:

Paolo Rosario De Stefano, nato a Melito di Porto Salvo (RC) il 21.12.1976, attualmente detenuto (destinatario della misura della custodia cautelare in carcere per estorsione e tentata estorsione in concorso, con l’aggravante del metodo e dell’agevolazione mafiosa);

Paolo Caponera, nato a Reggio Calabria il 15.12.1979, attualmente detenuto (destinatario della misura della custodia cautelare in carcere per estorsione in concorso, con l’aggravante del metodo e dell’agevolazione mafiosa);

Andrea Giungo, nato a Reggio Calabria il 16.05.1972 (destinatario della misura della custodia cautelare in carcere per associazione mafiosa, estorsione e tentata estorsione in concorso, con l’aggravante del metodo e dell’agevolazione mafiosa);

Domenico Morabito, nato a Reggio Calabria il 15.06.1977 (destinatario della misura della custodia cautelare in carcere per associazione mafiosa ed estorsione in concorso, con l’aggravante del metodo e dell’agevolazione mafiosa);

Domenico Musolino, nato a Reggio Calabria il 14.07.1976 (destinatario della misura della custodia cautelare in carcere per estorsione in concorso, con l’aggravante del metodo e dell’agevolazione mafiosa).

La cosca De Stefano e le estorsioni per lavori di rifacimento Corso Garibaldi e Piazza Duomo

Le indagini svolte dalla Polizia di Stato – sotto le direttive dei magistrati della D.D.A. di Reggio Calabria – documentano ulteriormente l’esistenza e l’operatività della cosca nel capoluogo di provincia, soprattutto nel settore delle estorsioni in danno di imprenditori aggiudicatari di gare d’appalto per la realizzazione di opere pubbliche. L’inchiesta ha portato alla luce gravi vicende estorsive poste in essere in danno di un noto imprenditore reggino e di un suo consociato in A.T.I. di altra provincia calabrese, aggiudicatari degli appalti pubblici per il rifacimento del Corso Garibaldi e – il solo imprenditore locale – di Piazza Duomo di Reggio Calabria.