Reggio Calabria. Il blitz è scattato nelle prime ore della mattinata. Una vasta operazione della Polizia di Stato, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Reggio Calabria, ha portato all’esecuzione di 14 ordinanze di custodia cautelare – 12 in carcere e 2 agli arresti domiciliari.

A finire nella rete degli inquirenti capi, luogotenenti ed affiliati alla temibile cosca LABATE intesa “Ti Mangiu” di Reggio Calabria, ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa e diverse estorsioni aggravate dal ricorso al metodo mafioso e dalla finalità di aver agevolato la ‘ndrangheta. Fra essi figurano il boss Pietro LABATE a cui il provvedimento restrittivo è stato notificato in carcere essendo detenuto per altra causa, il fratello Antonino LABATE reggente della cosca durante il periodo di latitanza di Pietro LABATE, il cognato (di entrambi) Rocco CASSONE, nonché luogotenenti e nuove leve della consorteria.

In manette sono finiti: Pietro Labate, 69 anni (già detenuto); Rocco Cassone, 63 anni; Santo Gambello, 44 anni; Paolo Labate, 38 anni; Paolo Labate, 35 anni; Antonio Galante, 43 anni; Caterina Cinzia Candido, 54 anni; Francesco Marcellino, 69 anni; Fabio Morabito, 48 anni; Orazio Assumma, 60 anni; Domenico Foti, 58 anni; Domenico Pratesi, 49 anni. Domiciliari per Antonino Labate, 69 anni; Santo Antonio Minuto, 44 anni.

Gli investigatori della Squadra Mobile della Questura di Reggio Calabria, con il coordinamento del Servizio Centrale Operativo, coadiuvati dagli operatori del Reparto Prevenzione Crimine, hanno eseguito anche numerose perquisizioni e sequestri di imprese e società. Impiegati circa 100 uomini e donne della Polizia di Stato.
Le indagini da cui scaturisce l’operazione ribattezzata Helianthus, iniziate nel 2012, portarono, a distanza di oltre un anno, il 12 luglio 2013, alla cattura del latitante Pietro Labate (nella foto), leader carismatico e capo storico della cosca che porta il suo nome. L’uomo, nell’aprile 2011, era sfuggito all’esecuzione del fermo emesso dalla Dda ed eseguito dalla Squadra mobile nei confronti di capi e gregari delle cosche Tegano e Labate nell’ambito dell’operazione “Archi”.

Al culmine di un’intensa e attività investigativa supportata da intercettazioni telefoniche e ambientali e da sistemi di video sorveglianza, nell’estate del 2013 gli investigatori della Squadra mobile localizzarono e catturarono il boss latitante mentre si muoveva a bordo di uno scooter vicino al torrente S. Agata. Nel covo in cui aveva trovato rifugio, non distante dal luogo in cui era stato localizzato, vennero scoperte alcune agende sulle quali il boss aveva annotato nomi di persone, importi e denominazioni di ditte rivelatesi determinanti ai fini dell’accertamento della penetrazione dei Labate nel tessuto di alcune attività economiche e commerciali locali.

La nuova inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria non fa altro che porre una nuova luce sugli affari economici della cosca LABATE, svelando un certo dinamismo in alcuni settori illeciti come quello delle scommesse on line, delle slot machines e dello sfruttamento delle corse clandestine di cavalli, mantenendo tuttavia un elevato interesse per quello che rappresenta il core business delle attività criminali da sempre espressione dello strapotere mafioso dei “Ti Mangiu”, segnatamente rappresentate dal sistematico ricorso ad attività estorsive nei confrontidi operatori economici, commercianti e titolari di piccole, medie e grandi imprese, specialmente di quelli impegnati nell’esecuzione di appalti nel settore dell’edilizia privata nell’area ricadente sotto il dominio della consorteria mafiosa.

Le indagini sono state condotte con l’irrinunciabile ricorso alle intercettazioni e alle dichiarazioni dei collaboratori di Giustizia, grazie alle quali è stato possibile individuare le gravissime vicende criminali che hanno determinato il graduale potenziamento della cosca LABATE. Oggi il clan LABATE è una potente articolazione della ‘ndrangheta unitaria che trova la sua forza nei legami di sangue che uniscono i componenti di vertice ad altre potenti cosche e nei solidi rapporti di alleanza con famiglie ‘ndranghetistiche dei tre mandamenti.
Per la prima volta, alcuni affermati imprenditori reggini del settore edile ed immobiliare, sentiti dai magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, dopo un’iniziale ritrosia dovuta al comprensibile timore di subire dure rappresaglie, ma desiderosi di liberarsi dall’opprimente giogo estorsivo, hanno deciso di collaborare denunciando di essere vittime di ripetute estorsioni consistenti nel pagamento di ingenti somme di denaro, anche nell’ordine di 200 mila euro, ad esponenti di rilievo e luogotenenti del clan LABATE o nell’imposizione dell’acquisto di prodotti dell’edilizia presso attività commerciali nella disponibilità del clan.

Nel corso dell’operazione, sono state sequestrate 4 società, nella disponibilità dei capi e dei luogotenenti della cosca LABATE. Si tratta di una stazione di carburanti, di un esercizio commerciale di prodotti surgelati, di un’azienda operante nel settore dei prodotti di carta e plastica per gli alimenti e la ristorazione, di un negozio di vendita al dettaglio di pitture e vernici. Il valore dei beni e di circa un milione di euro. Di Iacchite.blog