Di Saverio Di Giorno

Ormai è chiaro che l’emergenza economica sarà forse peggiore di quella sanitaria. Eppure, la realtà finisce sempre per essere più complessa di quanto uno possa immaginare e non perde di complessità nemmeno nell’emergenza. Ad esempio, sebbene tutti siano a rischio, non per tutti il rischio è uguale: chi non ha un posto dove stare o vive in luoghi piccoli è molto più a rischio di chi ha una bella casa; e sebbene tutti stiano affrontando problemi, non per tutti i problemi sono gli stessi.
Per capire l’entità del disastro e avere una visione globale forse è utile partire dall’alto, non dalla piccola attività. Salvatore Massara è un imprenditore turistico di Praia. La sua agenzia di animazione, con il tempo, ha saputo crescere diventando leader nel settore: dalle navi da crociera, ai villaggi turistici, dalla Sicilia al Trentino. Mi chiedo se per una realtà come la sua forse sarà più semplice e mi snocciola dati impietosi: “per recuperare il danno che avremo ci vorranno almeno tre anni, le perdite sono già a doppia cifra e questa stagione nel migliore dei casi servirà solo a coprire le spese.” Ci sarà da ripensare la formula delle vacanze, perché è chiaro che quest’estate, più delle altre, ci andrà solo chi può in vacanza. Poi chiosa: “la passione c’è tutta ma se si ascoltasse, nei provvedimenti, anche chi nel settore ci lavora, non sarebbe male.” Loro sono in prima linea, ma se vanno giù si tirano dietro tutta una serie di maestranze e altre ditte: dalla manutenzione, alla pulizia e fino al rifornimento di impianti di aerazione o altre cose che a pensarci su nemmeno verrebbero in mente. “Se alberghi e strutture non aprono o aprono a metà noi siamo nei guai, perché loro rappresentano una buona parte dei nostri ordini.”
Su queste proiezioni e pressioni, il governo ha accelerato i tempi (troppo?) delle riaperture per tamponare il disastro. Infatti, le norme si sono alleggerite: non più quattro metri di distanza tra i tavoli in sala ma uno, ad esempio. Non è, d’altra parte, solo una mera questione di guadagni, ma anche di posti di lavoro. Però, scendendo dal grande al piccolo come spesso accade, gli operai vivono un’altra realtà altrettanto vera e altrettanto critica.
Qualche stagionale confida i suoi timori: “come potremmo noi che già prima lavoravamo in condizioni difficili rispettare le norme di sicurezza? Si può stare distanziati quando gli alloggi sono ammassi di persone e se neanche prima si rispettavano le basilari norme igieniche? Possiamo rispettare turnazioni, spazi e tempi di sanificazione ai ritmi a cui si lavora se non lo si faceva nemmeno prima? È l’annoso problema del lavoro stagionale. La risposta può venire facile: in questo caso, è il datore che rischia la pelle se un dipendente si ammala, quindi è nel suo interesse favorire tutte le condizioni. Inoltre, i controlli saranno più serrati e si rischia la completa chiusura dell’attività. Che il Covid sia un’occasione per ripristinare la legalità? Qualcuno dubita: “abbiamo firmato un documento nel quale ci si divide, sostanzialmente, le responsabilità e i doveri” – e poi bisogna essere sinceri – “nello stato di bisogno in cui ci si trova, quale dipendente ha mai denunciato il datore se non rispetta le norme? Quale dipendente dirà che il contagio sarà avvenuto sul luogo di lavoro e non fuori (o come dimostrarlo?). E, infine, forse… quale dipendente stagionale, semplicemente lo dirà subito invece di nasconderlo fin quando è possibile? Sono i dubbi e i timori legittimi che circolano tra chi si fionderà tra cucine, tavoli e persone con una divisa. Dubbi neanche tanto campati in aria se si pensa alle violazioni delle cliniche private che abbiamo documentato in questi mesi. E quella erano cliniche!
“Se rinegoziamo le responsabilità e gli oneri, allora anche gli onori. O no?” Le loro voci e le loro pressioni fanno più fatica a penetrare i muri dei palazzi di potere. Ma arrivano a usurai, padroni e criminali.
Se tuttavia ci si trova in questa situazione, soprattutto in Calabria e sull’Alto Tirreno, non è solo colpa del virus. Queste sono cose vecchie: le scelte terribili tra lavoro e salute, tra guadagno e sicurezza. Tra lavoro e vita. Questa è una questione vecchia. Se la stagione turistica è in parte già persa è anche perché è venuta meno l’unica gamba sulla quale si regge l’economia della fascia costiera alto tirrenica. Non c’è altro, e questa è sicuramente una colpa. Ma non del virus.
Gli eventi di maggiore attrattività sul territorio sono già quasi tutti annullati. Rossano Bruno è deus ex machina di molte occasioni. Dalle serate caraibiche nelle varie discoteche della costa fino a eventi molto più grossi e conosciuti nel mondo, come l’EventoPeople che porta per tre giorni a Scalea maestri internazionali delle danze caraibiche e latinoamericane e anche decine di migliaia di giovani. “Tutte le struttura da Borgo Fiuzzi (Praia), per decine di chilometri, di solito fanno il pieno di prenotazioni, quest’anno invece niente”, ma il danno probabilmente si protrarrà “perché è una vetrina che poi porta le persone a ritornare”. Il territorio paga lo scotto di non aver mai voluto (o colpevolmente saputo) diversificare la sua economia, anche turistica. Si preferisce concentrare tre mesi affollatissimi estivi nei quali la popolazione decuplica. Una volta Francesco Cirillo la paragonò alla situazione della striscia di Gaza: sia per l’invasione, sia per i danni di decenni di coste deturpate e paesaggi distrutti. Mancanza di visione. Si sarebbe potuto puntare a dodici mesi di turismo: un turismo storico, che valorizzasse anche le montagne e il patrimonio artistico. Sarebbe stato forse anche più facile da preservare. Rossano è d’accordo, d’altra parte è questa l’anima della Granfondo Terun, una gara ciclistica che si snoda per i piccoli centri dell’interno. Anche per questa centinaia di persone da tutto il mondo. Anche questa annullata. Nessuno sa come gestire una pandemia globale e quindi non si possono dare colpe, però che il Covid non sia l’ennesimo alibi di altre mancanze. E di altre colpe, queste sì precise: situazione già debitoria dei comuni, politiche territoriali scellerate, distruzione della sanità, favoritismi fiscali, sporcizia. Queste cose hanno reso il territorio fragilissimo e questo non è che l’ultimo colpo.
Infine, ci sono tutte quelle attività turistiche nate per altri scopi, per riciclare e coprire i proventi di altre attività illeciti. Il nostro territorio ne è pieno. E forse per questo non è mai stato interessato veramente al turismo. Quelle sono più tranquille: non gli interessavano nemmeno prima le prenotazioni. E questo è doppiamente grave. Si rischia di perdere quel poco di territorio che in parte Libera, in parte le Procure avevano preso tra mille contraddizioni. Già l’estate scorsa documentavamo un incremento di intimidazioni e il ritorno del racket, ma quest’anno con quali mezzi si potrà resistere a questi signori che vogliono tornare? E ancora una vola a farne doppiamente le spese sono gli imprenditori e gli operai onesti.