Come tutti sanno Cosenza non è solo la Disneyland per ladri di stato e imbroglioni politici, coperti da magistrati masso/mafiosi e servitori dello stato infedeli, ma è anche il paradiso per delinquenti e ‘ndranghetisti ai quali la giustizia nostrana lascia sempre una porta aperta. Una via di fuga in caso di bisogno: il pentimento.

E non certo per amor di Giustizia, ma per tutelare i tanti amici degli amici che potrebbero finire, così com’è già successo, in verbali, dichiarazioni e chiamate in correità da parte di pentiti “fuori controllo”. Perciò diventa necessario per gli amici degli amici, che di frequentare ‘ndranghetisti nei loro loschi affari non ne possono fare a meno, controllare tutti i pentiti. Chi più chi meno, tutta la politica cittadina ha avuto a che fare con le cosche locali. E non servono certo i pentiti per dire questo, tutti i cosentini lo sanno, tutti hanno visto con i propri occhi politici e criminali andare in giro a braccetto per le vie della città. Ed è per questo che Cosenza è diventata la città con più pentiti in Italia.

Decine e decine di malandrini che hanno deciso di saltare il fosso per tornare a godersi la libertà. Il prezzo che devono pagare per questo è la totale sottomissione ai pm (corrotti) antimafia e non solo. Dire tutto quello che gli viene detto. Sottoscrivere tutto quello che gli investigatori hanno già scritto. Fare nomi e cognomi solo di chi ti viene suggerito all’orecchio.
E quando succede che qualche pentito finisce per essere interrogato da qualche pm onesto (che esistono) e fa i nomi e cognomi dei politici collusi.

Oppure promuovere il pm onesto ad altra sede, affidare le sue inchieste ad un altro pm amico degli amici, e riporre il tutto nel dimenticatoio. Che è quello che è successo, ad esempio, al dottor Bruni, già pm antimafia presso la Dda di Catanzaro ed oggi procuratore capo della Procura di Paola. Titolare, all’epoca, dell’inchiesta “Sistema Cosenza”, dove diversi pentiti da lui “gestiti”, come Lamanna, Bruzzese, Foggetti e altri, riempirono pagine e pagine di verbali in cui raccontavano i contatti tra le cosche e i politici locali: voto di scambio, appalti fittizi, determine dirigenziali farlocche, gestione dei servizi, cooperative, affidamenti diretti a ditte amiche.

Verbali che arrivarono sulle scrivanie delle redazioni dei giornali locali grazie ad una delle tante clamorose “fughe di notizie” dagli uffici della Dda di Catanzaro, e nessuna procura, nonostante i proclami, si è mai adoperata per trovare il colpevole. Spesso le fughe di notizie sono studiate “ad arte” per inficiare le inchieste, come quella relativa alle dichiarazioni di Foggetti.

Infatti di queste inchiesta e di queste dichiarazioni non si è più saputo niente. Il “trucchetto” dei corrotti ha funzionato. Lo scriviamo da sempre: tutto quello che riguarda i politici e i masso/mafiosi di Cosenza va imboscato. E a finire in galera, a Cosenza, sono solo i caggi e chi “per costituzione” non si pente.

Del resto basti pensare all’omicidio del povero Luca Bruni: a pagare l’infame assassinio commesso da almeno 5 persone c’è solo Maurizio Rango, condannato all’ergastolo. Tutti gli altri sono pentiti.
Ed è dentro questo quadro che molti malandrini, capita l’antifona che qualcuno di loro alla fine deve pagare, non fosse altro che per camuffare tutto questo armeggio agli occhi dell’opinione pubblica, perciò qualche condanna serve, hanno fatto richiesta a Gratteri di entrare nel programma di protezione dei pentiti. Prima che sia troppo tardi, vista l’enorme richiesta.

Prima o poi anche Gratteri dovrà promuovere qualcosina sulle cosche di Cosenza (politici esclusi), ed è chiaro che qualche malandrino dovrà finire in galera. E la galera si sa, non piace a nessuno, e questo ha scatenato, in città, una corsa a chi si pente per primo. E per accreditarsi presso la procura, diversi pezzotti ancora in libertà, provenienti da diverse paranze, sono mesi che fanno a gara a chi spiffera situazioni e nascondigli alle forze di polizia. E la prova di questa “concorrenza” tra aspiranti pentiti, allo stato solo confidenti, sta nei tanti ritrovamenti di armi e droga da parte delle forze di polizia, dove non c’è stato nessun arresto.

Insomma, dopo aver promosso operazioni anti ‘ndrangheta in tutte le province calabresi, Gratteri è costretto a promuoverla anche a Cosenza, visto anche l’esercito di pentiti a sua disposizione. Una operazione che serve solo a giustificare i costi di così tanti pentiti e che non toccherà minimamente la cupola masso/mafiosa che governa la città. E questo lo sanno bene i malandrini che da mesi confabulano con soffiate e cantate, con le forze di polizia. Finiranno in galera solo coloro i quali non riusciranno a pentirsi per tempo. Perché l’ambiente è saturo, e il Servizio Centrale è da tempo che chiede conto alla procura di Catanzaro dell’enorme spesa che mensilmente sostiene per mantenere dei pentiti che fino ad oggi non sono serviti a niente.

La corsa è ancora aperta, e sono in tanti a concorrere alla gara di chi si pente prima. Ma il tempo stringe, e alcuni si sono già ben posizionati. I posti a disposizione sono quasi esauriti e se non hai qualcosa di serio da cantare il tempo è scaduto. E la galera ti aspetta. Come dire: chi prima canta, meglio alloggia. Che è la cosa che più di ogni altra sanno fare i malandrini di Cosenza, con le poche e dovute eccezioni.

Di Iacchité.blog