Di Maria Lombardo

Ed ecco che viene indetta una borsa di studio alla memoria di Matteo Vinci, il biologo calabrese ucciso dalla ‘ndrangheta lo scorso 9 aprile, a Limbadi. Gesto di valore simbolico decisa e deliberata dall’Ordine nazionale dei biologi, per onorare la figura di un coraggioso e stimato collega. La borsa, del valore di 12mila euro, sarà destinata a biologi calabresi che si siano distinti, attraverso studi e pubblicazioni scientifiche su riviste nazionali o internazionali, nel campo delle scienze biologiche e biotecnologiche, con particolare riferimento all’ecosistema calabrese (terrestre e marino). Potrà essere conferita a iscritti all’Ordine nazionale dei Biologi, inseriti sia nell’elenco speciale, sia nell’albo professionale, senza distinzione di sezioni o settori di appartenenza, impegnati anche in attività di ricerca scientifica presso le università italiane, gli enti ospedalieri e di ricerca (pubblici e privati) o in strutture con esse convenzionate, che hanno realizzato progetti di ricerca inerenti al suddetto campo di studio. «Matteo Vinci – scrive l’Ordine dei geologi – ex informatore farmaceutico, secondo le risultanze investigative, fu assassinato da un’autobomba per non essersi piegato (è stato ipotizzato dal procuratore capo della Dda di Catanzaro, Nicola Gratteri) alla volontà di un locale clan malavitoso che mirava all’acquisizione dei terreni appartenenti alla sua famiglia per affermare il proprio dominio su quell’area».Si sono conclusi gli interrogatori di garanzia di tre dei quattro indagati per l’omicidio del biologo Matteo Vinci, ucciso con un’autobomba a Limbadi il 9 aprile scorso, e per il ferimento del padre Francesco, vittima anche di un brutale pestaggio nell’ottobre del 2017, raggiunti ieri da una nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere firmata dal gip distrettuale di Catanzaro che ha accolto la richiesta della Dda. Rosaria Mancuso,difesa dagli avvocati Giuseppe Di Renzo e Francesco Sabatino, interrogata nel carcere di Lecce, ha risposto alle domande del giudice respingendo tutte le accuse, mentre nel carcere di Vibo il marito Domenico Di Grillo (avvocato Giuseppe Di Renzo) si è avvalso della facoltà di non rispondere. Rinviato invece a domani per una mancata notifica al difensore, l’interrogatorio di Lucia Di Grillo, figlia di Rosaria Mancuso e Domenico Di Grillo, difesa dall’avvocato Giovanni Vecchio. Infine, nel carcere di Vibo ha risposto alle domande del giudice dichiarandosi estraneo ai fatti, Vito Barbara, marito di Lucia Di Grillo, difeso dagli avvocati Giuseppe Di Renzo e Fabrizio Costarella.L’ordinanza del gip Federico Zampaoli sottolinea l’esistenza di esigenze cautelari “eccezionali”, atteso che dalle risultanze investigative appare certo – ad avviso del magistrato – che gli indagati se lasciati liberi porterebbero a compimento la loro missione di morte con gli omicidi anche dei genitori di Matteo Vinci.