Le vendite degli immobili non hanno più incanto. Sia sotto l’aspetto squisitamente giuridico, poichè il legislatore ha eliminato le vendite all’incanto, attraverso successivi rilanci; sia perchè sembrano non trovare più appeal sul mercato e gli immobili si vendono con sempre maggiore difficoltà.

Nel 2018, secondo il Codacons, sono diminuite le procedure immobiliari nei Tribunali calabresi, si è passato dalle 1429 procedure immobiliari, registrate nel 2017, ai 1249 fascicoli del 2018.
Soltanto il Tribunali di Locri e Palmi registrano dati in controtendenza – sostiene Francesco Di Lieto del Codacons – con aumenti rispettivamente del 10 % e del 5 %.
Le diminuzioni dei fascicoli più significative si registrano a Crotone (-33 %), Reggio Calabria (- 30 %), Vibo Valentia (- 25%), Paola (- 14%) ed a Cosenza (-13,4 %).
Sostanzialmente identici rispetto al 2017, i dati rilevati nei Tribunali di Catanzaro, Lamezia Terme e Castrovillari.
La provincia con il maggior numero di pignoramenti immobiliari è quella di Cosenza con ben 581 fascicoli aperti nel corso del 2018, contro le 647 procedure immobiliari del 2017.
Seguono le province di Reggio Calabria con 257 fascicoli, quindi Catanzaro con 230 fascicoli ed infine Crotone e Vibo con i loro 100 e 81 fascicoli.


Le ragioni della diminuzione dei procedimenti sono molteplici e – sostiene Di Lieto – frutto anche degli incrementi degli anni passati che hanno registrato un boom di pignoramenti.
Ma anche i costi da sostenere diventano sempre più importanti.
Una volta subito il pignoramento, infatti, diventa un’impresa titanica venirne a capo, perché le somme da affrontare aumentano, tra le spese della procedura, quelle legali, quelle per la pubblicità degli annunci immobiliari, per non parlare di altri creditori che possono intervenire e, magari, rendere meno appetibile la vendita.
Le aste che vanno deserte sono in media da due, a volte tre. E, ad ogni nuova asta, l’immobile finisce per perdere sempre più valore.
Sicchè alla fine, il prezzo effettivamente realizzato è decisamente inferiore (intorno al 30%) rispetto al valore stimato e, nella quasi totalità dei casi – prosegue Di Lieto – gli immobili abbisognano di importanti interventi di ripristino o, addirittura, sono occupati e per renderli liberi da persone e cose bisogna affrontare altre spese.
La parte del leone nell’attivare le procedure, ovviamente, spetta agli istituti di credito. Mentre le “vittime” sono non soltanto piccoli imprenditori e lavoratori autonomi, ma anche famiglie di impiegati che, oramai, non riescono più a sostenere il peso dei debiti contratti per sopravvivere.
Infatti per finire nel tunnel della povertà, basta davvero poco – sostengono dal Codacons – una spesa improvvisa, una bolletta esorbitante, piccoli problemi di salute.
Difatti mentre fino al decennio scorso si chiedeva un prestito solo per effettuare acquisti “importanti”, in questi anni le famiglie sono costrette a ricorre al credito anche per fare la spesa o pagarsi le spese mediche e, finanche, i funerali.
Riceviamo continue segnalazioni – prosegue il Codacons – di famiglie costrette a chiedere finanziamenti, non per effettuare spese, ma per pagare altri prestiti.
Un circolo vizioso in cui, una volta finiti dentro, è difficilissimo venirne a capo.
Senza contare che questo fenomeno dilagante – sostiene Di Lieto – lascia spiragli sempre più ampi alla ignobile piaga dell’usura.
E così finanziamento dopo finanziamento, aumenta il rischio di ritrovarsi con la casa in vendita.