La mappatura c’è, ma i Comuni la ignorano. Non è possibile che a Cassano allo Jonio come in Calabria, poter monitorare con un censimento le morti per patologie riconducibili all’inalazione di Eternit poste sui tetti delle abitazioni e degli opifici industriali ancora attivi.

Il killer silenzioso convive con i calabresi e i cassanesi tra ferriti e amianto ma nessuna istituzione si interessa …….

Il Killer silenzioso si nasconde nelle tubature, sui tetti, nei grossi impianti termici come quelli di grandi opifici industriali. Nemmeno la svolta rappresentata dall’approvazione in Consiglio regionale (nel dicembre 2016) del Piano Regionale per lo smaltimento e la bonifica dell’amianto si è rivelata decisiva. L’azione di finanziamento delle bonifiche, inserite nel PRAC (Piano Regionale Amianto per la Calabria), procede per i comuni calabresi, e per il comune di Cassano allo Jonio, molto a rilento; ovvie le conseguenti ricadute negative sia negli edifici pubblici che da quelli privati e sulla salute dei cittadini.


I dati dell’ultimo telerilevamento portato avanti dalla Regione Calabria con la collaborazione dell’ Arpacal, sono state consegnate ai Comuni nel Marzo 2016, in occasione di un incontro con i sindaci presso la cittadella regionale, tutti i faill con i catastali e le individuazioni geo-referenziate di ogni singolo immobile interessato alle coperture in eternit; i dati sono estremamente preoccupanti: in Calabria ci sono oltre 10,7 milioni di metri quadrati di coperture in eternit.
“Volendo riportare il dato all’armante del comune di Cassano allo Jonio sono stati rilevati circa 81.479 mq di superfici coperte da amianto; si potrebbe semplificare affermando che su di una popolazione di circa 18.355 (censimento 2017) abitanti, sulle spalle di ogni Cassanese “gravano” circa 4,43 metri/ab. quadri di lastre di amianto; rispetto a una media regionale altrettanto alta, di 5,41 mq/ab. In ogni caso, le alte concentrazioni di questa sostanza sono alla base di casi di mesotelioma (una forma aggressiva di tumore focalizzato sul tessuto che riveste i polmoni) registrati tra il Pollino e lo Stretto, dal 2005 ad oggi, dal Centro Operativo Regionale (COR) dei casi di neoplasia con sospetta origine professionale. Attualmente il COR ha la sua sede scientifica presso l’unità operativa di Anatomia Patologica dell’Asp di Crotone ed è diretto dal Prof. Federico Tallarigo. Una regione in cui sembrerebbe non esista un centro specializzato in mesotelioma pleurico.

Il telerilevamento, teoricamente sarebbe uno strumento fondamentale per il censimento e l’analisi delle situazioni di rischio nelle aree maggiormente interessate dalle coperture di amianto. A questo si aggiunge la mancanza di una rete efficace in grado di approfondire le modalità di esposizione ad amianto dei soggetti ammalati. Tutti i Comuni calabresi conoscono quante coperture in amianto hanno sul proprio territorio, ma tante amministrazioni non si sono preoccupate neanche di ritirare la mappa del proprio circondario. Localizzati i tetti in amianto bisogna verificare in che condizioni versano. Se l’amianto non è degradato, non sussiste alcun rischio per la salute umana. Il problema è quando diventa friabile. I tetti, i serbatoi, le condotte sono materiali compatti.
Se però si sbriciolano o si deformano già solo al tatto, con una semplice pressione della mano, bisogna intervenire. Purtroppo anche l’amianto compatto con il tempo diventare friabile e quindi potenzialmente pericoloso. Le intemperie, gli agenti atmosferici, le escursioni termiche fanno in modo che a distanza di decenni dall’impasto di cemento e amianto inizino a sprigionarsi nell’aria fibre tossiche che possono essere inalate e quindi, pericolosissime agli abitanti. La cancerogenesi del mesotelioma pleurico è multistadio. Man mano che ne assume il corpo aumenta la possibilità di contrarre malattie correlate all’inalazione di asbesto, maggiore è l’esposizione minore il periodo di latenza che può ridursi fino a dieci anni. In eternit, fino agli inizi degli anni Novanta, venivano istallate anche le tubature interrate, come tutte quelle dell’ex Consorzio di Bonifica ex Sibari – Crati. Per sostituirle con quelle in plastica, processo già avviato, servono ditte specializzate perché nel momento in cui si taglia un tubo l’amianto può inquinare il terreno, l’aria e la falda acquifera.
Il Piano Regionale Amianto approvato nel Dicembre 2016, con un ritardo di anni, è la legge regionale che si propone di rimuovere in dieci anni l’amianto dalla Calabria. Se il privato vuole bonificare la sua abitazione, però non ha ad ora nessuna agevolazione da parte della Regione perché non sono stati previsti e stanziati fondi. Intanto mentre il telerilevamento ha mappato le coperture in amianto, non si conosce ancora la metratura di condotte e tubature. In qualsiasi punto oggi si scavi in Calabria non si sa se ci sia amianto o meno. L’Osservatorio Nazionale Amianto Cosenza ha chiesto di inserire nel Piano Regionale Amianto degli incentivi per coprire fino al 60% della spesa dei privati e il 100% delle coperture degli enti pubblici. Soldi che vanno richiesti al Ministero dell’Ambiente sulla base della mappatura, il telerilevamento aereo, che però la Regione Calabria non ha inserito nel Piano Amianto. Attualmente non vi sono casi in cui siano stati condannati i responsabili della contaminazione ritenuta causa di decessi sospetti per inalazione di asbesto.

                                                                                             LA SIBARITIDE CI METTE LA FACCIA

INGEGNERE FRANCESCO GALLO