La Presentazione- di Mariarosaria Valente.

Questo pezzo di presentazione per Pillamaro Network è un modo semplice e diretto per mostrare la mia penna – spesso astrusa e con qualche assaggio di arcaicità – al quale desidero “allegare” quelli che saranno i temi a cui aspiro a detenere una maggiore attenzione. La redazione di una mia possibile rubrica infatti, verterebbe sugli studi da me svolti, dedicati alla ricerca storico-musicologico in ambito religioso e non, e su eventi che mirano alla promozione del patrimonio artistico locale. Il mio nome è Mariarosaria, nata nel lontano 1994 sotto il segno del Leone. Vanto origini plurime che mi vedono legata alle città di Diamante (per linea paterna) e di San Sosti (per linea materna), ma è Belvedere Marittimo a cui devo i miei natali, oltre che al mio vissuto. Ho mosso i miei primi passi verso la scrittura sin dalla tenerissima età di 8 anni, quando – oltre che nel disegno e nella pratica pianistica – mi eclissavo nella stesura di versi e narrazioni (molte delle quali frutto della mia vivacissima immaginazione). A seguito del conseguimento del Diploma di I livello in pianoforte, realizzai di non voler affermarmi più in ambito pianistico, ma di assecondare la mia volontà di specializzarmi in studi critici e analitici in merito ai fenomeni musicali; questa particolare predisposizione ad un approccio di tipo scientifico fu collimante con la mia indole anti esibizionista, risparmiandomi pertanto dalla cavalcata dei grandi palcoscenici. La scelta della facoltà di musicologia del Conservatorio di Musica “Santa Cecilia” di Roma, segnò una svolta decisiva nei miei iniziali interessi per la scrittura, divenuta ben presto prioritaria, anzi necessaria nel mio excursus studiorum. Nel Febbraio del 2022 pubblicai il mio primo saggio dedicato alla pietà popolare diamantese, dal titolo “Ohimè che me console”, edito dalla casa editrice romana “Albatros il Filo; lo scritto, frutto di un’accurata ricerca storico musicologica condotta nel campo, riscosse un importante successo a livello locale, solleticando anche l’interesse dei miei stessi docenti e di quello che di lì a poco avrei scelto come mio relatore. Mossa da quell’approccio di natura scientifica che di indole mi ha da sempre permesso un’analisi critica dei fenomeni musicologici ed etnomusicologici tipici del territorio calabrese, decisi dunque di approfondire i miei studi, espandendo il campo di ricerca ad altri riti della pietà popolare (e non) nell’Alto Tirreno Cosentino, all’interno delle quali l’elemento sacro e quello profano si intrecciano in un indissolubile legame culturale. A sostegno della mia tesi, ho approfondito la “questione mercuriense” – già trattata dall’antropologo ed etnologo calabrese Biagio Cappelli (vissuto a cavallo tra il XIX e XX secolo) – con l’idea di riportare alla coscienza e conoscenza del popolo calabrese di quella storia, la nostra, che affonda le radici nella cultura politeista greca, e successivamente in quella bizantina. Molti dei riti sacro-pagani che accomunano i luoghi siti nel cuore del Parco Nazionale del Pollino (storicamente conosciuto come il Mercurion), non solo conservano l’originaria lituargia greco-ortodossa, ma si palesano in espliciti riferimenti storici alle tradizioni religiose greche, come quella della Panathenaia ateniese (in onore di Atena, dea protettrice della città) dalla quale – secondo la mia tesi – deriva il secolare rito della Sacra Cinta; tale tesi è avvalorata dalla particolarissima affinità degli elementi sacri e profani, caratteristici in ambo i fenomeni citati.In merito alla pietà popolare ho sperimentato l’indiscusso nesso tra musica accademica colta e popolare, e di come lo storico dei luoghi interessati sia stato determinante nello sviluppo della tradizione (così come nel suo stesso “modus operandi”). Se consideriamo le processioni del Venerdì Santo di Belvedere Marittimo e Diamante, non notiamo alcuna somiglianza se non in ambito prettamente liturgico. Nella prima il ruolo di principato – e marchesato successivamente – del luogo, ha determinato l’evolversi di una tradizione “composta”, non molto lontana dai canoni della liturgia romana del triduo pasquale, sobria, ma non del tutto priva di elementi etnomusicologicamente interessanti; una tradizione prevalentemente messa per iscritto, conservatasi quasi integra nel tempo, ma a tratti “oscura” se consideriamo la presenza dell’oralità (ovvero ciò che viene tramandato oralmente di generazione in generazione) che, facilmente soggetta agli ovvi mutamenti di usi e costumi nel corso della storia, non permette di collocarne i natali in un preciso arco temporale. Un discorso diametralmente opposto lo si fa per la pietà popolare diamantese, nella quale a prevaricare è l’ oralità, in perfetta fusione con la remota tradizione marittima, caratterizzante nella morfologia e nella storia di Diamante. Sono i pescatori gli autori indiscussi di questo rito così originale che difficilmente trova eguali in altre culture. I canti sono frutto di un’immaginario rude ma genuino nel quale la concezione divina e regale della Vergine Maria Addolorata, si trasforma nella sua più umana dimensione; una mamma come altre, gemente di dolore per quel suo “Figliole” barbaramente ucciso, il cui “pianto” collima in un dialogo ricolmo di pathos con il pescatore “dietro quelle scoglie”.

Come visto arte, storia, musica, antropologia e linguistica concorrono a delineare tutto ciò che è TRADIZIONE; sarebbe dunque necessario contribuire a divulgare il più possibile su di essa, in modo tale da non essere mai posposta a scelte sociali dettate dai gusti odierni che potrebbero considerarla “passata di moda”. Desidero pertanto rendere Pillamaro Network testimone tangibile di quell’infinita ricchezza culturale che caratterizza il nostro territorio, narrante da secoli una storia sempre più sfaccettata mediante la miriade di fonti a nostra disposizione, ma spesso purtroppo non considerate parte integrante del nostro “corredo genetico”!