Di Claudio Cordova

Un politico su cui le cosche di ‘ndrangheta avrebbero puntato e che, dal canto suo, sarebbe stato “a disposizione” delle stesse consorterie. E’ questo il quadro che emerge dai ricordi del collaboratore di giustizia Giovanni Battista Fracapane, escusso nell’ambito del maxiprocesso “Gotha”, sul conto dell’ex senatore Antonio Caridi, imputato nel procedimento perché considerato uno degli strumenti attraverso cui la cupola massonica della ‘ndrangheta avrebbe infiltrato le istituzioni.

Caridi, che verrà arrestato dopo l’autorizzazione a procedere concessa dal Senato nel corso della precedente Legislatura, sarebbe stato in realtà un politico di riferimento della ‘ndrangheta fin dai primi anni 2000. Fracapane, infatti, inizia a collaborare con la giustizia dal 2004, dopo gli anni vissuti da killer delle cosche De Stefano e Tegano, del quartiere Archi di Reggio Calabria. E proprio alla famiglia De Stefano fa riferimento il collaboratore nel tratteggiare la figura di Caridi, che in quegli anni è membro influente della maggioranza di centrodestra del “Modello Reggio” di Giuseppe Scopelliti.

Verso destra i De Stefano avrebbero sempre guardato con simpatia.

Ai vertici del clan – Orazio De Stefano e il nipote acquisito Paolo Rosario Caponera, poi divenuto De Stefano – Caridi sarebbe stato molto gradito: “Noi appoggiavamo sia Scopelliti, che Caridi” dice il pentito Fracapane, rispondendo alle domande del pm antimafia Stefano Musolino. Secondo l’accusa, Caridi (insieme all’ex sottosegretario regionale, Alberto Sarra, anch’egli imputato) sarebbe stato una delle pedine principali mosse dall’avvocato ed ex parlamentare Paolo Romeo, considerato a capo della cupola massonica della ‘ndrangheta e proprio ieri tornato in libertà per decorrenza dei termini di custodia cautelare.

Ma Caridi si sarebbe mosso su un duplice binario. Quello della masso-‘ndrangheta e quello dell’ala militare delle cosche, rappresentata proprio da Fracapane.

Il collaboratore è sicuro nell’individuarlo come soggetto politico a disposizione dei clan di Archi, tanto da ricordare anche un episodio in cui, colpito da un malore durante la propria latitanza, sarebbe stato curato da un medico che i vertici del clan De Stefano avrebbero trovato proprio grazie all’interessamento di Totò Caridi.