Di Lucio Musolino

Fonte: Il Fatto Quotidiano

Il candidato del M5s a presidente della Regione Calabria finisce al centro di una imbarazzante polemica che, adesso, rischia di condizionare le elezioni regionali del 26 gennaio. Il docente universitario Francesco Aiello è cugino di primo grado del boss Luigi Aiello ucciso a Soveria Mannelli il 21 dicembre 2014 nella faida del Reventino tra gli Scaise e i Mezzatesta. Per la Dda di Catanzaro, Luigi Aiello era uno ‘ndranghetista che faceva parte del “gruppo storico della montagna”. Detto lo “Sceriffo”, secondo i pm, il cugino del candidato era affiliato alla cosca Mezzatesta ed era in grado di ordinare omicidi e fare estorsioni. Quella di Luigi Aiello è stata una carriera criminale in cui non si è fatto mancare nulla: tra il 1982 e il 1983, infatti, è stato condannato per omicidio preterintenzionale, rapina, furto, detenzione illegale di armi e tentata estorsione.

Scontata la pena (11 anni) non si è mai allontanato dagli ambienti criminali: il nome dello “Sceriffo” compare nell’inchiesta “Reventinum” del 2019, coordinata dal procuratore Nicola Gratteri. Se non fosse stato ammazzato, probabilmente Aiello sarebbe finito di nuovo in carcere perché sospettato di aver partecipato come “specchietto” all’omicidio di Daniele Scalise, rientrante anche questo nella faida del Reventino in cui nell’agosto 2016 è stato ucciso pure l’avvocato di Lamezia Francesco Pagliuso al quale lo “Sceriffo” portava le “ambasciate” del boss Domenico Mezzatesta, all’epoca latitante.

Tra il candidato del M5s Francesco Aiello e il cugino boss non c’era solo un rapporto di parentela, dovuto al fatto che erano figli di due fratelli. Lo “Sceriffo” infatti frequentava casa dello zio. Imprenditore nel movimento terra, Luigi Aiello avrebbe effettuato diversi lavori con la sua impresa proprio nella famosa abitazione di Carlopoli finita sulla stampa per l’abuso edilizio che sarebbe stato commesso dal padre del docente universitario. Ci sarebbero anche alcune foto del cugino a bordo di un mezzo cingolato intento a lavorare sulla linea dell’acquedotto. Foto risalenti alla fine degli anni 90 quando Francesco Aiello aveva più di 30 anni. Certamente non è un reato essere parente dello ‘ndranghetista ma è comunque imbarazzante per l’aspirante governatore…

“Non ho nulla a che vedere con mio cugino – commenta lo stesso Francesco Aiello -. Non posso scegliere i parenti. Posso scegliere come vivere, chi frequentare e chi escludere dalla mia vita.

Non la pensa così il senatore Nicola Morra, il quale, appresa la notizia che Aiello è cugino di un affiliato alla ‘ndrangheta, va su tutte le furie e annuncia il suo disimpegno per le regionali. “Non darò alcun sostegno alla lista”. Secondo il presidente della Commissione antimafia, “occupare gli spazi di cui ha parlato il procuratore Gratteri di recente è fondamentale, ma farlo con le persone giuste è un obbligo morale per chi fa politica attiva. Mi sarei aspettato dal candidato Aiello maggiore pubblicità e trasparenza sulle sue parentele.

La faida del Reventino – aggiunge Morra – è stata una faida sanguinaria e visti i precedenti di Luigi Aiello, cugino del candidato, e lo scalpore mediatico sulla questione dell’abitazione di Francesco Aiello, avrei preferito sapere, appunto, che parte dei lavori per quell’abitazione oggi al centro di polemiche furono eseguiti dal suo cugino. Avere omesso queste informazioni credo non sia affatto corretto”.

Riportiamo infine la posizione ufficiale del candidato governatore del Movimento cinque stelle

ESSERE ACCOSTATO AD UN MAFIOSO È UN FATTO GRAVE.
HO DEDICATO LA MIA VITA ALL’UNIVERSITÀ, ALLA CALABRIA, ALLA LEGALITÀ

Non c’entro nulla con mio cugino Luigi Aiello, peraltro morto 5 anni fa. Con lui non avevo alcun rapporto e ho fatto tutta la mia vita all’università, prima da studente, poi da professore.

Peppino Impastato era figlio di un mafioso e nipote di un mafioso, ma non era mafioso.

Ieri sera al Fatto Quotidiano avevo già precisato che con mio cugino non avevo alcuna frequentazione. Io sono Francesco Aiello, punto.

Nella mia vita ho sempre frequentato colleghi, studenti, dottorandi, magistrati, giornalisti, impegnandomi per la legalità e per la formazione delle nuove generazioni.

Nessuno mi ha mai visto con la coppola, con santini bruciati e altri segni del genere. Fare questi accostamenti è un fatto grave, soprattutto sotto elezioni.
Ed è lecito chiedersi a vantaggio di chi o di che cosa.

Così si ferisce la democrazia, la libertà e la dignità individuale. Tuttavia, ho spalle robuste e anche stavolta non mollo: vado avanti, sicuro di essere sulla strada giusta per contribuire a liberare la Calabria dal malaffare.