Definita da Famiglia Cristiana “La più imponente riunione di idioti degli ultimi decenni”, l’allegra adunanza del “Generale Aperol” (sempre Famiglia Cristiana) Antonio Pappalardo ha dimostrato come avesse ragione Freak Antoni: “Non c’è gusto in Italia ad essere intelligenti”. Più che altro non ne vale la pena. Prima della manifestazione di sabato, Pappalardo era noto (poco) come ospite minore de La Zanzara e come macchietta marginale del web, più volte zimbellato dalla preziosa collaboratrice del Fatto Gisella Ruccia. Il fatto che un simile giuggiolone abbia portato in piazza così tante persone, per giunta sotto una pandemia e senza il benché minimo rispetto del distanziamento sociale, è di per sé avvilente.
Il Pappalardo, giusto per capire che peso avesse prima del Covid-19, si era presentato un anno fa alle regionali in Umbria con una delle sue mille liste rutilanti. Strepitoso il risultato: 587 voti (pari allo 0,13%). Chi è sceso in piazza con lui, oltre a rischiare la propria vita e più che altro la nostra, ha implicitamente condiviso i pensieri di uno che, sul coronavirus, la pensa così: “Uno che lavora con noi, di Bergamo, si sente improvvisamente male: tosse, respirazione affannosa come il **** Coronavirus ma ha deciso di curarla come una normale influenza e di fare anche gli esercizi di yoga, di autoconcentrazione. Bene, è guarito. Come ha detto il dottor Montanari, l’uomo è fatto di fisico ma anche di mente”. Dunque il Covid-19 si cura con lo yoga. E il diabete col Diger Selz. Neuroni su neuroni vilipesi sul selciato.
Il Pappalardo nasconde un curriculum oltremodo esaltante. Così l’Huffington Post: “Carabiniere, sindacalista, generale, parlamentare, sottosegretario, pluricandidato in proprio alle elezioni, capopopolo con il movimento dei Forconi, la rivolta dei Tir e oggi i gilet arancioni”. Nato a Palermo nel 1946, figlio di un brigadiere dei carabinieri. Laurea in giurisprudenza. Sfolgorante carriera nell’Arma, mentre in politica l’ascesa è meno accecante. Nel 1992 viene eletto deputato come indipendente nelle liste della forza più effimera del pentapartito: il Psdi. Quello su cui Gaber, in un monologo intitolato Qualcuno era, ironizzava così: “Qualcuno era socialdemocratico perché… non l’ho mai capito”.
Nel 1993 fonda Solidarietà democratica, di cui si accorge solo lui. Si candida sindaco a Pomezia, ma non si vota neanche da solo. Diviene però sottosegretario alle Finanze sotto Ciampi, nel primo governo “tecnico” della storia repubblicana. Neanche due settimane e scatta la revoca: il tribunale militare lo condanna a otto mesi di reclusione per diffamazione ai danni del Comandante generale dell’Arma.
Dopo svariati insuccessi politici, tipo alle Europee del 1994, si dà alla protesta a caso: leader dei forconi nel 2006, artefice della “rivolta dei tir” nel 2011. Compositore e “autore sinfonico”, a febbraio ha scritto un tweet a McCartney (“Caro Paul”) per chiedergli l’email e inviargli la sua “Beatles Symphony” (non scherzo). Ancora l’Huffington Post: “Fonda il movimento dei Popolari europei (?), torna nel Psdi (??), si candida a sindaco di Palermo nel 2011 con il ‘Melograno mediterraneo’ (???)”. E nel 2016 fonda il Movimento liberazione Italia, che guida – si fa per dire – nel 2017 a Roma “in una marcia indetta per chiedere lo scioglimento del Parlamento ritenuto “abusivo”. Qualche decina di persone, ma agguerrite e chiassose”.
Neanche tre anni dopo, quella “decina di persone” è cresciuta. E non è un bel segnale per questo paese, che quando si tratta di strizzare l’occhio al ridicolo tende a lasciarsi prendere la mano. Povera patria.

(Oggi sul Fatto cartaceo)