AMANTEA MUORE E GLI AMANTEANI RIDONO.

Il degrado soci-economico e culturale nel quale è caduta Amantea non ha precedenti storici. Pur nel suo conservatorismo che ha caratterizzato il suo passato lontano e prossimo, la città ha sempre avuto degli orgogliosi momenti di ribellione da parte delle sue avanguardie culturali e politiche; gruppi più o meno organizzati, forze giovanili in movimento, hanno cercato di far invertire rotta al tradizionalismo imperante riuscendo ad introdurre i semi di una critica, anche feroce, al potere ed ai potenti che dominavano la coscienza servile degli amanteani. Oggi, invece, mentre tutto si degrada e la città muore perdendo il “patrimonio” residuo del passato, continuano le lamentele singole, monta la rabbia individuale ma non si intravedono segnali di ribellismo organizzato da parte di qualche gruppo politico o intellettuale, mentre i tradizionali dis-valori dell’individualismo esasperato, del farsi e c. propri, del “io penso a me stesso ed alla mia famiglia”, sommandosi ad irrazionali scelte istituzionali, hanno condotto la città sull’orlo dell’abisso. Mai danno più grande fu prodotto alla città di quello causato dal continuo commissariamento dell’istituzione comunale. Il commissariamento di un ente dovrebbe servire a far ritornare la democrazia violentata da scelte sciagurate fatte dagli amministratori; se ciò non avviene vuol dire che il rimedio è peggiore del male. Oggi, dopo anni di commissariamento, ad Amantea sono peggiorate la vita democratica, il senso civico, la capacità di autogoverno ed il ritorno delle forze migliori della città alla sua guida, lo sviluppo economico, l’utilizzo delle risorse umane e naturali. Amantea è stata portata sull’orlo di un baratro e per evitare che vi precipiti è urgente che i suoi “figli” migliori, onesti e competenti, reagiscano immediatamente, si mettano insieme, senza presunzione di leaderismo o di primogenitura, discutano sul da farsi e coraggiosamente costruiscano un itinerario che possa consentire alla città di uscire dal putridume che la stà portando alla morte. Ora che gli incontri pubblici sono consentiti, il dibattito deve partire e velocemente ricostruire la democrazia messa in catene dai tanti che “non sanno quel che fanno”.

Alfonso Lorelli