Se ve lo dice “la scienza” ci credete che l’austerità uccide?
L’Istituto di tecnologia delle costruzioni (Itc) del Cnr lancia l’allarme sulla sicurezza dei ponti italiani dopo il crollo di Genova che ha provocato almeno 35 morti.

«La sequenza di crolli di infrastrutture stradali italiane sta assumendo, da alcuni anni, un carattere di preoccupante regolarità. L’elemento in comune è l’età (media) delle opere: gran parte delle infrastrutture viarie italiane (i ponti stradali) ha superato i 50 anni di età, che corrispondono alla vita utile associabile alle opere in calcestruzzo armato realizzate con le tecnologie disponibili nel secondo dopoguerra (anni ’50 e ’60). In pratica, decine di migliaia di ponti in Italia hanno superato, oggi, la durata di vita per la quale sono stati progettati e costruiti», scrive in una nota l’Istituto.

Non c’è nulla di peggio di piangere i morti nell’indifferenza di molti connazionali verso i responsabili di queste stragi assurde. Credere che in un Paese economicamente avanzato il crollo di un viadotto o di un ponte sia una fatalità è come credere che la crisi finanziaria del 2008 sia stata un evento naturale invece che il risultato, certo non volontario, di un preciso progetto politico (neoliberale in senso lato, europeista per quanto ci riguarda da vicino).

Viviamo in un’epoca non meno religiosa di quella cristiano-feudale, nella quale gli economisti e gli opinionisti che occupano quotidianamente i media generalisti fanno le veci dei sacerdoti del sistema di potere precedente.
Si sprecano le “imparziali” parole di cordoglio e si nota quasi un timore reverenziale anche da parte di chi dovrebbe essere opposizione culturale al sistema neoliberale ancora dominante.
Dobbiamo invece avere il coraggio di dire le cose come stanno: gli investimenti pubblici in Italia sono letteralmente crollati, come il ponte di Genova, sotto il peso dei vincoli di bilancio che una classe dirigente europeista si è autoimposta. Dal 2007 al 2017 abbiamo perso un punto di Pil annuo di investimenti pubblici (circa 20 miliardi ai prezzi correnti) e siamo ampiamente sotto il livello medio della stessa Unione Europea.
Il Cnr ha preso posizione e ha detto a chiare lettere quello che molti di noi non hanno il coraggio di dire, perché si sentono minacciati dalla derisione dei cosiddetti “competenti”. All’Italia serve un piano da decine e decine di miliardi di investimenti infrastrutturali per riparare i danni provocati dall’incuria della classe dirigente liberale degli ultimi quattro decenni. E, aggiungo io, serve la nazionalizzazione di tutti i settori strategici, a partire da quello stradale e autostradale, perché non è ammissibile che la nostra sicurezza quotidiana sia nelle mani di chi per sua natura deve far profitto abbassando i costi al minimo possibile.

Tutti sapevano che quel ponte sarebbe prima o dopo caduto e che era in pessime condizioni. Il cedimento è stato strutturale e non bastava la manutenzione ordinaria o straordinaria per renderlo sicuro a lungo. Semplicemente, serviva un altro ponte, nuovo e più moderno. Ho sentito qualcuno prendersela addirittura con l’ingegnere che realizzò quel ponte oltre 50 anni fa, con le tecnologie di cui disponeva al tempo.

La cultura dei “competenti” è un grande ed epocale inganno che nasconde un progetto politico dietro il paravento della tecnica e della scienza. Quel progetto politico ha reso l’Italia un Paese vecchio, impoverito, cadente, e va contrastato senza pietà da un progetto politico alternativo, socialista, statalista e democratico, tre aggettivi che riflettono lo spirito più profondo della nostra Legge Fondamentale, la sola vera Religione civile cui dovremmo votarci, la Costituzione.

Editoriale del 17/08/2018 Simone Garilli

FSI-RICONQUISTARE L’ITALIA