Di Antonello Troya

All’ospedale di Cetraro si nasce. Altroché. A dare alla luce un bel maschietto di oltre 3 chili cui è stato dato il nome di Aldo, è stata una giovane donna, che vive a Cetraro, Cristina Spanò di 30 anni. A riportare la notizia la Gazzetta del sud di oggi. In un articolo a firma di Clelia Rovale viene raccontata la felicissima storia. Giunta nel Pronto soccorso del nosocomio alle 00,40, con un’ambulanza del 118 allertata dai suoi parenti, resisi immediatamente conto dell’imminenza del parto, la signora è stata subito visitata dalla ginecologa Fiorella Panebianco, dirigente medico del locale Reparto di Ginecologia e Ostetricia, coadiuvata dall’ostetrica Federica Fortunato. Già qui presentava i chiari segni di un travaglio attivo, con dilatazione di 6 cm. La specialista, considerata la chiusura della struttura – a suo tempo disposta, come è noto, a seguito delle decisioni delle commissioni ministeriali e regionali giunte a Cetraro dopo il tragico caso di Santina Adamo – si è immediatamente messa in contatto con il primario,

Angelo Cannizzaro (nella foto), e la direzione sanitaria, descrivendo la situazione e facendo presente la necessità di espletare subito il parto. Ha così deciso di procedere, poiché la dilatazione era ormai quasi completa e non poteva prevedere i tempi esatti del travaglio; la signora, con molta probabilità, non avrebbe, infatti, fatto in tempo a recarsi a Cosenza. La stessa è stata, pertanto, trasferita in Sala parto, dove, alle 2,15, ha dato alla luce il bambino, assistita oltre che dalla dottoressa Panebianco e dall’ostetrica Fortunato, anche dal dottor Gianfranco Amoroso e dall’ostetrica Elide Gonnella, reperibili, e dall’infermiera Maria Cristina Lanza. Un parto avvenuto, dunque, senza problemi e in tranquillità. Ma sarebbe stato così se fosse stato disposto il trasferimento a Cosenza? “Nonostante i dubbi per le prescrizioni ministeriali, ha prevalso in me il senso del dovere – ha, a tal proposito, ribadito la ginecologa Panebianco – perché era ormai chiaro che la signora avrebbe rischiato di partorire di lì a poco per strada. Pertanto, mi chiedo: è stato meglio farla partorire nella nostra struttura, con tutta l’assistenza dovuta, o sottoporla a un rischio elevato disponendone il trasferimento?”.