Potrebbe essere il jolly della Dda di Catanzaro nel processo sulla strage di via Popilia. Collabora da qualche mese con i magistrati antimafia.
Parliamo di Celestino Abbruzzese, conosciuto come “Claudio” e detto “Micetto”, ex esponente del clan degli “zingari” di Cosenza, arrestato nel 2015 dalla Squadra Mobile di Cosenza nell’ambito dell’operazione “Job Center”, l’inchiesta della Dda di Catanzaro sul narcotraffico nel centro storico della città bruzia. Quel giorno finirono in manette anche sua moglie, Anna Palmieri e il suo amico Marco Paura, oggi tutti e due pentiti come lui.

Strage di via Popilia, la Dda di Catanzaro schiera altri due pentiti
Il giorno in cui il commando di fuoco esplose una raffica di proiettili contro Francesco Tucci e Benito Aldo Chiodo, Celestino Abbruzzese era un ragazzo. Al magistrato Camillo Falvo, titolare dell’inchiesta sulla strage di via Popilia, ha raccontato alcuni aneddoti che potrebbero arricchire l’impianto accusatorio.

I verbali di Abbruzzese e Palmieri sono stati depositati ieri mattina dopo la costituzione delle parti processuali davanti alla Corte d’Assise di Cosenza. Sono dichiarazioni rese nei primi mesi della collaborazione, ma gran parte di esse sono coperte da segreto istruttorio.

Le verità di Celestino Abbruzzese
«In relazione al duplice omicidio Chiodo-Tucci» dice “Claudio”, «so che ad ucciderli sono stati Abbruzzese Fioravante detto “Ninuzzo”, Luigi Berlingieri detto “U cinese” e Franco Bevilacqua, detto “Franco i Mafalda”».

Il collaboratore di giustizia afferma che «il fatto è avvenuto tra la fine del ’98 e l’inizio del 1999. Ricordo che con mia madre quel pomeriggio eravamo andati sotto la finestra del carcere di Cosenza dove era detenuto mio padre Fioravante Abbruzzese e ricordo che, sullo stesso marciapiede, erano presenti, verso le 17.30-18, poco prima dell’omicidio, poi eseguito verso l’ora di cena, Francesco Tucci, Mario Trinni e Aldo Chiodo». In realtà, la strage risale al 9 novembre del 2000.

Celestino Bevilacqua spiega che «tutte le sere noi andavamo sotto la finestra del carcere di Cosenza per parlare con mio padre». Il pentito dice di aver sentito gli spari «mentre tornavamo a casa» e «ho sentito gridare all’impazzata. Ho visto Mario Trinni che scappava nei palazzi credo per nascondersi, ed era ferito ad una mano».

La Corte D’Assise di Cosenza
La Corte D’Assise di Cosenza
“Claudio”, poi, racconta un altro particolare: «Io successivamente ho visto passare una macchina a tutto gas, sotto la finestra di casa mia, con tre persone dentro che gridavano ed erano contenti perché li avevano uccisi». Abbruzzese ricorda che «erano tre persone con il viso coperto, ma so per certo che si trattava di Luigi “U Cinese”, Abbruzzese Fioravante detto “Ninuzzo” e Franco “I Mafalda”».

I tre citati da “Micetto” «frequentavano tutti sotto casa mia e successivamente dicevano che erano stati loro: l’ho sentito dire dunque dagli stessi esecutori materiali dell’agguato. So che nell’agguato era coinvolto anche Tonino Abbruzzese detto “Strusciatappine”, fratello di Abbruzzese Fioravante, per averlo appreso direttamente dallo stesso “Strusciatappine”».

Celestino Abbruzzese, inoltre, conferma ciò che hanno detto anche Franco ‘i Mafarda e Franco Bruzzese, ovvero che «la vittima dell’agguato doveva essere Aldo Chiodo, era lui l’obiettivo, mentre Tucci si è trovato in sua compagnia nell’occasione».

I motivi del duplice delitto di sangue sarebbero da ricercare nel fatto che uno degli imputati aveva una relazione con una parente degli italiani «nonché per il fatto che avevano avuto una discussione per una rapina sui furgoni blindati» con Chiodo «che faceva parte degli italiani, mentre gli altri facevano parte del clan degli zingari».

Gli altri due imputati
Proseguendo nelle dichiarazioni, Abbruzzese afferma di conoscere sia Celestino Bevilacqua sia Saverio Madio, che «sono cognati. So che Bevilacqua Celestino ha fatto sparire la macchina utilizzata per l’agguato, poi ritrovata nel cantiere di Sergio Perri, anche di questa circostanza ne ho sentito parlare subito dopo il fatto, vicino casa mia all’ultimo lotto».

Non ricorda, però, se ne discuteva anche «Madio Saverio che per quanto è a mia conoscenza, lui non era coinvolto in questa agguato: so che lui, già da allora ed ancora oggi, spaccia l’eroina a Cosenza». Non sa, infine, chi abbia ucciso Perri né sa se Umile Miceli sia coinvolto in qualche fatto di sangue.

Parla la moglie
Anna Palmieri, invece, riferisce che il marito gli disse che «nell’occasione dell’omicidio lui era con degli amici alla fermata dell’autobus» e vide passare «i killer subito dopo l’agguato. Lui li ha visti in faccia ma non mi ha mai detto chi fossero, anche se credo che siano appartenenti alla sua famiglia». Abbruzzese, conclude la moglie, «non ne voleva parlare». (alan)

Fonte Cosenza attualitá