Scrisse Aldo Grasso sul Corriere della Sera “L’Italia è scesa in piazza. Come non succedeva dai tempi dei Mondiali di Spagna ’82. È scesa in piazza, al freddo e al gelo, per cantare e ballare. Come forse non succedeva dall’immediato dopoguerra, quando il boogie boogie diede una scarica elettrica a membra rattrappite da anni tristi, senza calore e senza colore. Sì, questa è la grande novità con cui siamo entrati nel 2000: non con i paventati squassi del Millennium bug ma con un’esplosione di gioia e di voglia di stare insieme”.
Fu la prima volta della mia Cosenza. Non più divisi in comitive a cercare locali o case ma tutti assieme a far città. Merito di un sindaco mediceo che conosceva il mondo. Giacomo Mancini ci accolse addobbato alla Fellini in piazza Valdesi con il calice in mano salutando i cittadini festanti e ammirando i fuochi d’artificio straordinari.
Davanti al municipio sul palco salì il maestro Franco Battiato incantando quarantamila persone che avevano trovato nel Comune di Mancini un centro di gravità purtroppo non permanente.
Battiato in conferenza stampa aveva detto che era venuto a suonare a Cosenza “perché è la città di Mancini”.
Una moltitudine era scesa per le strade a salutare il nuovo secolo che arrideva a una città del Sud che era stata in grado di liberare energie straordinarie costruendo opere materiali e immateriali di enorme potenza. Quella notte tutti i cosentini sorridevano non solo per Capodanno ma per quello che era diventata la loro Cosenza dopo anni tristi e di scatafascio.
Ma per me e i miei amici Cosenza era anche Cosangeles. Alla fine del concerto andammo ad una festa. L’avevamo organizzata noi del Quotidiano, il nostro giornale. La caparbia di Luca Addante aveva mobilitato la nostra vita comunitaria e di altri amici comuni. In una villa molto bella di Carolei tra installazioni artistiche portate ad hoc un centinaio di cosangelini aspettammo l’alba del nuovo secolo in un divertente baccanale.
Nel tardo pomeriggio del Primo gennaio del 2000 ero con la mia Lucia e i colleghi di turno in redazione a preparare il giornale. Si lavorava contenti perché amavamo quel mestiere. Preparai il capocronaca con cura scrivendo i pezzi dei fatti prima narrati e aspettai le foto di Mario Tosti indispensabili al racconto.
Ricordo l’emozione del mettere 2000 sotto le testate delle pagine.
Sono passati vent’anni. Il maestro Battiato non sta per nulla bene. I giornali sono cambiati come i party dei trentenni.
A Cosenza, che non vive certo un momento allegro tra spazzatura e dissesto economico, qualche vile Maramaldo accusa Mancini dei guai di oggi. Il mondo, non solo a Cosenza dove non vivo da 12 anni, mi sembra più cattivo e con meno speranze collettive.
Vent’anni dopo vi scrivo che quello che vissi e vivemmo allora era bello davvero e non solo perché giovani o oggi illusi del tempo perduto.
Buon inizio. Non credo saranno anni ruggenti gli anni Venti del Ventunesimo secolo. Viverli comunque assieme costruirà meglio il nostro agire.
PARIDE LEPORACE

