Nei giorni scorsi sulla testata Avvenire si è riaccesa l’attenzione sulla vicenda legata all’omicidio di Pompeo Panaro.

Il cronista Pino Ciociola che se ne è occupato ha presentato il tutto in questo modo : “Il racconto di un uomo dimenticato, condannato così a morire due volte . Rapito, torturato e ucciso trentasette anni fa a Paola , in Calabria . Il cui nome viene ricordato ogni 21 marzo , durante la ” Giornata della memoria delle vittime di mafia ” celebrata da Libera. Eppure davvero dimenticato, prima di tutto dalle vicende  giudiziarie che hanno riguardato la sua fine, chiuse sempre troppo in fretta e con ripetuti, incredibili, inquietanti errori. Non solo. Chiunque si sia avvicinato alla storia di Pompeo Panaro, l’ha abbandonata subito dopo. 《 Troppo pericolosa 》 , qualcuno lo ha detto apertamente.  Forse perché vi s’intrecciano ndrangheta e politica . Forse perché  potrebbe nascondere addirittura di più. La docufiction effettivamente ripercorre la storia e la ripresenta dettagliatamente in maniera tale da quasi togliere ogni velo che adombrava finora i vari aspetti che l’ hanno caratterizzata . Il percorso giudiziario lungo 37 anni è stato presentato in maniera netta  e decisa , portando alla luce delle risoluzioni che , nella loro gravità e palese illogicita’ descrivono un quadro a dir poco allarmante e inquietante su quella che dovrebbe essere la lotta all’illegalita’ e alla mafia, se condotta effettivamente in tali modi . Ci sono stati alcuni commenti che hanno , di conseguenza,  ribattezzato la vicenda Panaro come : ” uno dei casi piu’ assurdi del panorama giudiziario Italiano, infarcito di vere e proprie invenzioni”.  Oltre alle vicende prettamente giudiziarie, la docufiction pone l’accento sull’aspetto morale e sociale che  é  altrettanto rilevante e che , probabilmente ,é scaturito da quanto sopra descritto . Di Pompeo Panaro, infatti ,la politica e la comunità tutta, in particolar modo quella della città di Paola, ha accettato che il di lui ricordo scivolasse nel totale oblio , il cui emblema, quasi , é stata la negata apposizione finanche di una lapide commemorativa che potesse almeno assicurare il conforto della pietà cristiana ai pochi brandelli ritrovati dell’uomo . Eppure Pompeo Panaro è stato, per decenni, anche un importante rappresentante delle istituzioni locali, ricoprendo varie cariche all’interno del Municipio: Consigliere, Assessore, Vice Sindaco e , per un breve periodo, anche Sindaco. Nel video si fa riferimento a un discorso che lui stesso pronunciò all’interno dell’assise comunale, i cui contenuti, per la loro trasparenza ed intensità, sono del tutto attuali, perché testimoniano il richiamo a chiunque ricopra una carica politica ad intendere la stessa solo ed esclusivamente come servizio alla collettività, rifuggendo ogni sorta di collusione , malaffare e perseguimento di interessi personali . Lo stesso cronista dice che, vista l’ enorme complessità degli intrecci e dei coinvolgimenti che si sono accavallati ed il notevole lasso di tempo , cioè 37 anni , ad una lettura meschina quanto superficiale poteva non valerne la pena . Subito dopo però immediatamente fornisce la spiegazione più bella: rendere la memoria rubata ad un uomo che fu rapito, torturato ed ucciso e svelare una storia di ndrangheta,  politica e misteri ripaga di ogni sforzo profuso. Ed è quello che, effettivamente, dovrebbe essere il compito delle istituzioni e di ogni persona civile. Oggi, peraltro ,molte associazioni e gruppi si sono determinati ad unirsi al figlio Paolo,alla moglie ed alla figlia della vittima di ndrangheta nella riscoperta e nella riabilitazione della vita e della figura limpida, onesta e pulita di Pompeo Panaro , nella speranza non ultima di arrivare alla verità come atto dovuto ad un uomo ucciso una prima volta dalla ndrangheta ed una seconda volta da chi aveva l’obbligo non soltanto morale di preservarne la memoria.

Link utile per articolo dell’avvenire

https://www.avvenire.it/attualita/pagine/si-muore-solo-due-volte

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