Tra le 18 persone sottoposte alla misura restrittiva a Cosenza dalla Dda di Catanzaro vi sono i presunti capi delle organizzazioni dominanti e alleate nel capoluogo bruzio: Roberto Porcaro per la ‘ndrangheta tradizionale, i cosiddetti “italiani” ed i fratelli Luigi, Marco, Nicola e Francesco Abbruzzese per la criminalità nomade, i cosiddetti “zingari”.

I reati contestati vanno dall’associazione mafiosa all’estorsione, il danneggiamento e l’omicidio. Il delitto contestato è quello di Luca Bruni avvenuto il tre gennaio del 2012 a Rende; la vittima era “reggente” dell’omonimo clan.

La procura di Catanzaro ha accertato e documentato – secondo quanto si apprende – l’esecuzione di una serie di estorsioni contro imprenditori di Cosenza, costretti a pagare stabilmente il pizzo alle due cosche confederate: la prima guidata da Porcaro, la seconda dagli Abbruzzese intesi come “banana”.

L’intervento delle forze dell’ordine è stato determinante perché in vista del Natale, come prassi consolidata, gli esattori della ‘ndrangheta stavano facendo il giro degli imprenditori per incassare consistenti rate estorsive.

Le cosche sgominate nell’ambito del blitz disponevano di armi potenti che le forze dell’ordine hanno sequestrato nell’ultimo anno nel corso di differenti blitz compiuti a Cosenza. Le attività investigative hanno testimoniato una intensa attività di commercializzazione di sostanze stupefacenti eroina e cocaina svolta dal gruppo Abbruzzese. Le cosche confederate, quella degli “italiani” e l’altra degli “zingari” avevano una cassa comune, la cosiddetta “bacinella” in cui confluivano gli introiti del traffico di droga e delle attività estorsive. Roberto Porcaro avrebbe assunto il ruolo di “capo” degli italiani dopo la condanna definitiva all’ergastolo degli elementi più significativi della ndrangheta cosentina: Ettore Lanzino e Domenico Cicero e il contestuale arresto di Francesco Patitucci. Fonte: Gazzetta del Sud