La ‘ndrangheta non è rimasta a guardare nel tempo in cui gli sbarchi si susseguivano con costanza sul litorale vibonese. E il business aumentava quando i disperati arrivavano cadaveri nello scalo vibonese. “La complessità organizzativa del giro d’affari – spiegano gli inquirenti – si articola attraverso l’associazione onlus “Sacra Famiglia”, di cui è presidente Orazio Lo Bianco, appartenente all’omonima consorteria”. Consorteria della quale fanno parte “come associati, tra gli altri Rosario Pugliese, il quale come si apprezzerà, è socio occulto dell’impresa individuale “Lo Bianco Orazio” e della società Paradiso S.r.l. operanti nel settore delle pompe funebri”.

Non a caso Rosario Pugliese e Orazio Lo Bianco devono rispondere di intestazione fittizia di beni. A chiarire le dinamiche del business dei clandestini è il collaboratore Andrea Mantella che definisce Pugliese “azionista dei Lo Bianco, dotato anch’egli della Santa”. La sua stessa investitura. Non a caso Mantella aveva avuto modo “di rapportarsi in molti affari criminali comuni, partecipando ad incontri o riunioni della Società maggiore, in virtù della dote acquisita”.

“Orazio Lo Bianco “U Tignusu” – spiega Mantella – è affiliato al clan Lo Bianco e porta come capo società Enzo Barba. Il fratello Domenico Lo Bianco, che io sappia, non è affiliato di ‘ndrangheta, non escludo che lo possa essere diventato dopo”.

Quanto a Pugliese, puntualizza: “E’ un mio parente, affiliato di ‘ndrangheta con il grado della Santa, era sempre presente alle riunioni della società maggiore; lui era uno dei pochi azionisti rimasti, anche perché aveva fatto scomparire i fratelli Tambuscio per vendicare il fratello e ha sparato due volte ad Antonello Muggeri, poi ammazzato dai cosentini”.

Il racconto di Andrea Mantella si fa più dettagliato: “Rosario Pugliese -sottolinea – ha un’agenzia di pompe funebri, da sempre fa usura sia per conto proprio che per la cosca; l’usura la facevano anche il padre, la madre e suo fratello Antonio “Il Ragioniere”; anche gli altri fratelli fanno usura, anche se il più scaltro è il fratello Antonio; ricordo che loro vittime sono state ad esempio il costruttore Lo Bianco che abita al “Cancello Rosso”, un altro costruttore a nome Domenica Bono, Gregorio Lo Bianco il fabbro che aveva la terra vicino al luogo dove io avevo la villetta che è stata sequestrata e Rino Tavella che ha il negozio “Popoff’.

Sul conto di Orazio Lo Bianco, il collaboratore ha specificato “che costui, d’accordo con Rosario e Carmelo Pugliese e con la complicità di Rosario Francolino, capo dei custodi di vari cimiteri di Vibo Valentia, gestiva le cappelle e i loculi, organizzando un vero e proprio “mercato” delle stesse”.

A riscontro delle dichiarazioni sovvengono gli esiti delle indagini del RONI di Vibo Valentia che hanno documentato che “Lo Bianco è risultato essere titolare dell’omonima impresa individuale di edilizia artigiana”.

Tramite questa ditta “gli indagati ristrutturano le cappelle e i loculi di defunti di cui non ci sono più familiari superstiti, seppellendo nelle fosse comuni i resti delle ossa e rivendendole al prezzo di 50.000-60.000 euro”. La conferma arriva ancora una volta da Andrea Mantella: “Nel cimitero di Vibo Valentia i fratelli Pugliese, Rosario e Carmelo, affiliati alla cosca Lo Bianco, attraverso una ditta di muratura di Orazio Lo Bianco e tramite Francolino che fa il becchino al cimitero, gestiscono le cappelle e i loculi a Vibo Valentia; anche io ho beneficiato gratuitamente nel 2009 di una cappella al cimitero; ricordo che parlai con questo becchino il quale mi disse che avrebbe messo i resti del cadavere nella fossa comune, come di solito facevano; la cappella me l’ha trovata Francolino ed è stata sistemata da Orazio Lo Bianco”.

E ancora: “La falsa documentazione – ha concluso Mantella – è stata preparata da Orazio Lo Bianco e dai fratelli Pugliese tramite Francolino; la pratica è stata gestita per me da mio cugino Salvatore Morgese; io alla cappella ci sono andato quando era diroccata poi sono stato arrestato e non l’ho vista rifatta; ho scelto tra diverse cappelle diroccate”.

Il sistema era il seguente: “loro di solito -ha chiosato il collaboratore – vendevano le cappelle delle famiglie per le quali non ci sono più i familiari; dopo aver tolto i resti dei cadaveri e aver restaurato le cappelle, le stesse vengono rivendute al prezzo di 50.000 o 60.000 euro. Per avermi agevolato con la cappella, attraverso mio cugino Salvatore Morgese, Francolino – ha precisato Mantella – mi chiese se potevamo fargli il favore di far incendiare un furgone ad un imprenditore idraulico, era il 2009-2010, che abitava a Sant’Aloe vicino alla Questura; incaricai di bruciare il veicolo Carmelo Chiarella, cosa che fece”.

Fonte Zoom24