​La Corte di Appello di Catanzaro, Sezione Misure di Prevenzione (Francesca Garofalo, Presidente, Carlo Fontanazza, Consigliere e Abigail Mellace, Consigliere Relatore), ha annullato il decreto applicativo della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per la durata di anni due nonché l’imposizione della cauzione di Euro 500,00 in favore della Cassa delle Ammende e la condanna al pagamento delle spese processuali emesso il 16 novembre 2020 dal Tribunale di Catanzaro, a carico di F.S., 67 anni, di Paola, in accoglimento della richiesta avanzata dalla Questura di Cosenza su proposta del Commissariato di Pubblica Sicurezza di Paola.​ Avverso il decreto del Tribunale di Catanzaro che aveva ritenuto F.S. un soggetto socialmente pericoloso, abitualmente dedito al traffico e commercio di sostanze stupefacenti, attività, questa, dalla quale, in mancanza dello svolgimento di una onesta attività lavorativa, trae i mezzi per vivere, avevano subito proposto appello i difensori di fiducia del pregiudicato paolano, Carmine Curatolo ed Emilio Enzo Quintieri del Foro di Paola, ritenendo del tutto insussistenti i presupposti oggettivi e soggettivi, previsti dalla normativa vigente, per l’applicazione della misura di prevenzione personale, chiedendone la riforma ed il conseguente annullamento, contestando, in maniera ferma, il giudizio di concreta e attuale pericolosità sociale formulato dai Giudici di primo grado.​ La Corte di Appello di Catanzaro, contrariamente a quanto richiesto dalla Procura Generale della Repubblica che insisteva per la conferma del provvedimento impugnato, ha ritenuto l’appello fondato atteso che, a seguito dell’attenta disamina degli elementi sulla base dei quali il Tribunale aveva ritenuto configurabile la fattispecie di pericolosità, ha ritenuto insussistenti i requisiti previsti per l’imposizione della misura di prevenzione, non essendo emersi elementi idonei a suffragare il giudizio di attuale e abituale dedizione di F.S. a quelle attività di spaccio di sostanze stupefacenti che, nel decreto impugnato, sono state ritenute la fonte dei suoi mezzi di sussistenza. Ed infatti, le condanne definitive di cui è gravato, non sono suscettibili di assumere in questa sede alcuna concreta rilevanza, afferendo una a un reato non produttivo di redditi illeciti, quale la minaccia, oltretutto commessa nel 1992, le altre a quattro delitti in materia di stupefacenti, tre dei quali lontanissimi nel tempo e tutti commessi a distanza di decenni gli uni dagli altri (1995, 1998, 2003) e l’altro, il più recente, nel 2018. Inoltre, per il Collegio giudicante, le frequentazioni con pregiudicati, dedotte dalla Questura di Cosenza e genericamente richiamate nel decreto impugnato, si risolvono in pochissimi, isolati incontri (due nell’anno 2018 e tre nell’anno 2017) con soggetti non gravati da pregiudizi penali ma segnalati soltanto per uso personale di droga.​ Per tali motivi, la Corte di Appello di Catanzaro, ha accolto l’appello proposto dagli Avvocati Carmine Curatolo ed Emilio Enzo Quintieri e, per l’effetto, ha annullato il decreto impugnato, revocando, con effetti ex tunc, la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza applicata al paolano F.S. dal Tribunale di Catanzaro. Entrambi i legali hanno fatto sapere che, non appena passerà in giudicato, il provvedimento emesso dalla Corte di Appello di Catanzaro, proporranno ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo per chiedere che il Governo Italiano venga condannato al risarcimento dei danni derivanti dalla illegittima restrizione della libertà di circolazione, garantita e protetta dall’Art. 2 del Protocollo Addizionale n. 4 alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, patita dal loro assistito per oltre un anno.​