di Rino Muoio (Giornalista)

È dalla tarda serata di ieri che siamo a conoscenza dell’arrivo in città, presso uno stabile ubicato in pieno centro, di un numero ancora imprecisato di persone immigrate risultate positive al covid 19. Sono un uomo votato per pensiero e convinzioni all’accoglienza e al rispetto del supremo valore della vita umana e per anni da giornalista ho raccontato le vicende legate al fenomeno dell’immigrazione. Posso pertanto affermare che la città ha sempre mantenuto un comportamento ispirato a sentimenti di solidarietà e comprensione verso chi soffre, al di là del colore della pelle. Se rivolte e contestazioni ci sono state in passato hanno visto protagonisti gli stessi immigrati, spesso stipati oltre la misura all’interno della struttura di accoglienza, non i cittadini. Ma quello di cui veniamo a conoscenza in queste ore chiama Amantea e il territorio ad uno stress ulteriore e oltremodo oneroso per la propria serenità e per la propria economia. Secondo le poche e indirette informazioni per ora arrivate all’opinione pubblica, le persone positive al coronavirus sarebbero state sistemate un uno stabile che non si comprende quali caratteristiche abbia per essere stato riconosciuto idoneo dalle autorità competenti ad ospitare persone contagiate dal virus. Non sappiamo per altro quale sia effettivamente il loro status, se siamo in presenza di asintomatici o con sintomi lievi. È certo invece che per assicurare loro un periodo di soggiorno, immaginiamo coatto, all’interno della struttura è necessaria la presenza un gruppo di persone, di professionisti, capaci di mantenere alti livelli di qualita del servizio di assistenza, sia per l’area sanitaria, sia per quella operativa e sia per quella logistica. Non siamo a conoscenza, oltretutto, se si tratti di un numero limitato (per ora si fermerebbe a 13 persone) di ospiti o si prevedono altri arrivi. Il personale, dunque, che si occuperà dell’assistenza, i fornitori di beni e servizi, potranno e dovranno muoversi liberamente e questo, nonostante la massima accortezza possibile, viene percepito come un potenziale di rischio connesso dall’intera popolazione che, giustamente, già in queste prime ore non nasconde forte preoccupazione per una scelta che ancora una volta non la vede coinvolta e che, quindi, subisce suo malgrado. Fa riflettere invece il fatto che sia stata Amantea ad essere individuata come destinazione per il “ricovero” di queste sfortunate persone in un momento in cui l’amministrazione locale è retta da commissari prefettizi. Il contesto in cui questa situazione si sta evolvendo, dunque, impensierisce non poco. Per mesi la città e il territorio hanno avuto un comportamento rigoroso sulle misure di contenimento, è pertanto assai giustificato che gli eventi di queste ore mandino in fibrillazione i cittadini e le attività produttive, con particolare riferimento a quelle che gravitano sul comparto turistico. Amantea, per essere più espliciti, che già è alle prese con una delle peggiori stagioni della propria storia moderna, non può permettersi altre ricadute economiche negative. Credo, dunque, che gli stessi commissari abbiamo il dovere di spiegare alla popolazione, vacanzieri compresi, i termini precisi che caratterizzano la decisione di dare soggiorno in città alle persone in argomento e di descrivere le misure di sicurezza sanitaria messe in atto. In questa situazione di manifesta incertezza e confusione, voglio aggiungere, non sarebbe peraltro corretto qualificare come conseguenze di un rigurgito razzista eventuali richieste di chiarimenti o ordinate contestazioni e rimostranze da parte dei cittadini, ai quali, come spesso accade, nessuno ha ancora sentito il bisogno di dare informazioni prima dell’arrivo di queste persone. Tanto perché Amantea, terra di emigranti, non conosce sentimenti di ostilità ed intolleranza verso chi ha bisogno e chiede aiuto, ma merita attenzione e rispetto. Da queste parti siamo di indole buone e abituati alla sofferenza ma non “fessi”. Sia chiaro.
“A noi ci piace essere parlati…”