di Saverio Di Giorno

Palamara è indubbiamente uno che ce l’ha fatta. Qualcuno direbbe un arrampicatore sociale. Uno che ha sfruttato dinamiche che esistono in tutti i mestieri per farsi largo. Giovane e potente, ma anche acuto. Inserito, addentro e ora fuori. Ha usato meccanismi e metodi e quindi sa quali armi ha a disposizione il Sistema per distruggere ecco perché è impegnato ora a ricostruire la sua figura. Nella sua posizione avere visibilità è centrale per non essere fatto fuori in silenzio; il Sistema non è solo Palamara e tra trojan che si spengono improvvisamente, teste esclusi e trascrizioni inesistenti rischia di esserlo.

Ecco perché in questa chiacchierata bisogna stare attenti a leggere tra le righe, alle cose che sceglie di non rispondere o quelle che non smentisce (pur senza confermare esplicitamente) e anche i curiosi riferimenti che fa su Milano e l’avvento di Gratteri. In questo senso un apparente scambio di opinioni acquista un’altra valenza.

Lei parla di “Sistema” in maniera impersonale. “Il Sistema si protegge…”, “Il Sistema si difende”. E l’impressione è che il Sistema fagociti anche chi viene innalzato e in questo caso lei. Anche nel gioco delle parole: quella che dovrebbe e avrebbe potuto diventare una questione morale della magistratura tutta è diventato “solo” Sistema Palamara. Unico colpevole. Anche chi lei cita nel libro cade dalle nuvole. Si sente scaricato? In fondo pare che chiunque abbia mire o ambizioni non può fare a meno di scendere a patti con il Sistema, però quasi nessuno replica o smentisce quello che lei denuncia. In proposito pare ci siano stati anche problemi nella lista numerosissima dei testi.

“Beh i numeri parlano da soli. Su 133 testimoni indicati lo scorso anno dalla difesa per l’udienza disciplinare a mio carico, ne sono stati ammessi soltanto 7.  La richiesta della difesa era quella di audire magistrati, ministri, collaboratori del Presidente della Repubblica, funzionari ritenendoli pertinenti e attendibili. Immediatamente, però, si è messa in moto la macchina per cercare di disinnescare ed evitare che ci potessero essere testimonianze imbarazzanti.  Il tutto a scapito della verità. Amo troppo la giustizia e la toga per potermi sentire scaricato. La mia battaglia per la verità è ancora in corso e il successo del libro scritto con Sallusti, molto al di là di qualsiasi pronostico ottimista, dimostra che oggi la Giustizia si è trasformato in un tema di massa come peraltro già si comprendeva dal referendum indetto dal partito radicale nel 1987. Se da Gennaio Il Sistema è ancora primo in classifica e regge e supera in termini di vendite il confronto di autori affermatissimi e molto conosciuti da anni come Carofiglio, Murgia, Verdone, Obama significa che gli italiani sono interessati a conoscere i meccanismi che fanno funzionare la macchina della giustizia.”

Lei ha origini calabresi. E dalla Calabria terra di periferia (ma in generale dal Sud), partono le grandi 

scalate verso il centro. Anche la sua dopotutto. Qui si fa carriera e le grandi inchieste che aiutano nella 

notorietà, ma anche da qui partono i grandi attacchi al potere poi azzoppati, si pensi al caso De Magistris. Anche nel suo libro spesso si fa ping pong tra i grandi centri e le procure meridionali. Sono camere di compensazione? Trampolini di lancio? Dopo tutto per avere successo soprattutto politico bisogna fare i conti con il sud ed è facile avere scheletri negli armadi.

“Mio padre, Rocco Palamara, era un importante magistrato molto legato alla sua terra. Il nostro Paese di origine si chiama Santa Cristina d’Aspromonte. Negli anni Cinquanta mio padre prese una valigia di cartone e se n’è partito per Roma. Sono quasi sicuro che sia stata proprio la sua figura di uomo coerente e coraggioso a trasmettermi l’amore per la Calabria e la devozione verso le istituzioni. Nel 1988 infatti mio padre venne a mancare colpito da un infarto nella sala verde del Viminale, proprio mentre da magistrato sottoscriveva decisivi trattati internazionali che consentirono fra gli altri la celebrazione di importanti processi tra cui anche quello di Pizza Connection di Giovanni Falcone, figura spesso citata dal mio genitore come esempio di coraggio e indipendenza.” 

A proposito di Calabria. Lei nel libro descrive i metodi con cui “far fuori” magistrati che viaggiano a briglia sciolta. E la Calabria da questo punto di vista è una polveriera: tempo fa una fuga di notizie molto curiosa parlava di 15 magistrati indagati poi però di quasi nessuno si è saputo più niente. Salvo di alcuni. Vorrei parlare di due casi che hanno attraversato personaggi a lei vicini. Le indagini che stava conducendo il dott. Facciolla, secondo quanto riferito, portavano ai ministeri, c’era stata un accesso al MISE e arrivavano a toccare personaggi renziani (Lotti, Magorno), ma anche l’on. Aiello. Qualche giorno dopo viene indagato e trasferito d’urgenza, ora molte accuse archiviate. A voler essere malpensanti viene da pensare a qualche cecchino. È un’impressione sbagliata? É stato lei a dire che quando una procura ha qualche fedele, qualcuno ammanicato con i servizi allora il suo potere è enorme.

“Il Sistema è un meccanismo autoreferenziale che prova a tutelarsi sempre da tutto e da tutti pur di preservare se stesso. Il Sistema spesso ha utilizzato strumentalmente indagini per trovare alibi con cui trasferire taluni magistrati o insabbiare alcune notizie e renderne note di segrete. Certo, il Sistema per funzionare ha bisogno di un clima di interazione e sinergia strettissima tra chi fa le indagini chi può pubblicare o non pubblicare una notizia e magari qualcuno dei servizi che vigila e agisce sulla stessa lunghezza d’onda.”

Pur evitando riferimenti specifici Palamara non smentisce queste circostanze e certi modus operandi delle procure.

Altro caso. Il trasferimento (altrettanto d’urgenza) del procuratore Lupacchini ora a Torino. Il suo processo secondo quanto mi è stato riferito vedrà come testimoni, importanti magistrati, giornalisti e ministri. Gratteri e Lupacchini non erano in buoni rapporti e prima dell’audizione al CSM Gratteri si incontra con lei secondo le indiscrezioni. Cosa vi siete detti?

“Nella mia esperienza ultraventennale nelle istituzioni posso dire di avere incontrato moltissimi colleghi e magari anche in più di una occasione. Che non ci fossero rapporti idilliaci tra Gratteri e Lupacchini lo sapevano tutti. A fine 2019 il Csm decise di spostare Lupacchini dopo alcune battute sul modus operandi di Gratteri, su quella che lui aveva definito ”evanescenza di alcune inchieste”. Ricordo però a tutti che Gratteri vive sotto scorta da oltre trent’anni e la sua azione, al netto dei numeri esponenziali degli arresti, è stata decisiva per la sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulla percezione della invasività della criminalità organizzata.”

Glissa sulla domanda specifica e questo rende ancora più interessante il contenuto della conversazione. Anzi risponde esaltando per meriti il magistrato calabrese. 

Tanto per chiudere il capitolo. La sua lente di ingrandimento riguarda soprattutto la corrente MD e in Calabria sempre tra quei magistrati indagati figuravano Spagnuolo a capo di Cosenza e su cui pende una vecchia ispezione ministeriale (2005) poi morta in quei ministeri (all’epoca era Mastella), ma anche Luberto aggiunto di Gratteri e poi trasferito e finanche Borrelli a Salerno. Secondo lei perché su alcuni magistrati si interviene tempestivamente e su altri si “dorme”? Nonostante lei sia fuori, i problemi permangono; tanto per sottolineare che il problema non è solo Palamara.

“Chi pensava di essersi lavato la coscienza individuando nel sottoscritto un capro espiatorio disponibile al martirio ha fatto i conti senza l’oste. Amo troppo la giustizia e il mio lavoro per gettare la spugna e lasciar perdere. Da profondo conoscitore di un Sistema che non ho creato io, quello delle correnti, ma di cui sicuramente sono stato talora un ottimo deus ex machina e talora un fruitore, posso dichiarare senza ombra di dubbio che quel sistema ha favorito nella magistratura la corsa alla carriera, alle cariche fuori ruolo, alla visibilità fine a se stessa. È proprio anche per questo motivo che, anziché mollare una sacrosanta battaglia per la verità, intendo dare un contributo significativo con la mia lunga esperienza per riformare questo sistema generatore di distorsioni, che finisce col penalizzare i tantissimi magistrati che fanno ogni giorno scrupolosamente con abnegazione e precisione il proprio lavoro, lontano dalle sirene delle correnti e delle cariche.”

Ci sono quindi magistrati che hanno usufruito del sistema e ne hanno beneficiato, ma per qualche motivo sono saldi nelle loro posizioni.

Ritornando all’inizio. Alle scalate. Le indiscrezioni vorrebbero Gratteri a Milano, sponsorizzato anche curiosamente da De Benedetti. Lei ha definito quella procura un monolite, un tempio. Al momento è impegnato con il maxi-processo alla ‘ndrangheta che ha visto l’attenzione anche del governo. Un processo che tra l’altro sta andando speditissimo. Milano è pronta a Gratteri? O viceversa, finalmente Gratteri ha le carte in regola per uscire dalla Calabria (a lui non è mai dispiaciuto d’altra parte, o sbaglio?)  visto che prima è stato fermato Sono cambiati i famosi equilibri di cui parla spesso?

“Credo che un nome come quello di Gratteri sia molto ingombrante per Milano. Ne avrebbe senza ombra di dubbio tutti i titoli. Non so, però, come il Sistema che ha espulso ad esempio il sottoscritto possa reagire rispetto al suo nome. Vedo, infatti, movimenti quindi è prevedibile che alla sola idea in Lombardia si stiano già formando anticorpi contro la sua nomina. La domanda suggestiva da porsi oggi comunque secondo me sarebbe questa: l’interesse che c’è per Milano è dettata esclusivamente dal prestigio che questa Procura ricopre anche per i fatti passati di Tangentopoli, o non ci sono invece delle motivazioni attuali per le quali questa Procura riveste una importanza strategica e quindi il Sistema vuole impedire a Gratteri che generalmente è poco incline al compromesso di accedervi?  Quali contenuti non devono essere percorsi, valorizzati, esplicitati e magari non devono finire sulla stampa? Cui prodest?”

Questa è sicuramente la parte più interessante perché Palamara decide deliberatamente di porre l’attenzione su alcuni temi. Quali sono i temi bollenti che devono essere tenuti segreti?

Infine. Lei scrive che spesso gli equilibri in magistratura assomigliano a quelli della politica o li anticipano. Viene il dubbio che uno dei motivi per cui sia caduto il Conte 2 sia la riforma della giustizia Bonafede (non sarebbe il primo caso che i governi vengono fermati quando toccano questi fili, come ha scritto lei stesso). Ricordo che qualche anno prima Boschi, Salvini e altri procuratori si erano incontrati in una cena romana e già avevano idee simili tra loro in materia di giustizia e lontanissime da quelle di Bonafede. È possibile che abbia avuto più peso di MES e altre cose? D’altra parte la prescrizione è un tema delicato che tocca gli interessi di molti. Nelle settimane convulse di Conte si parlò di giustizia a orologeria in merito all’indagine su Cesa. Che ne pensa?

Ho letto un libro molto interessante scritto circa una quindicina di anni fa da Fabrizio Cicchitto ”L’uso politico della giustizia”. Parla spesso di giustizia ad orologeria e la documenta con una dovizia di particolari molto inquietante. Ecco, io credo che dovremmo tornare ad una corretta tripartizione dei poteri senza ingerenze di uno sugli altri. Capisco la reazione nei primi anni Cinquanta ad una Magistratura che non aveva affatto preso le distanze dal Fascismo e quindi alla volontà della politica di recuperare questo gap antidemocratico favorendo una magistratura militante con idee ben chiare antifasciste. Ma in seguito ci sono state distorsioni imperdonabili per le quali è necessario fare una profonda autocritica. 

Credo che la prescrizione sia un tema delicato. Non si può farla franca approfittando delle lungaggini processuali ma allo stesso tempo non si può rimanere imputati a vita come concepito dall’ex ministro Bonafede.

In questo modo il rischio è quello di eludere le garanzie difensive e di confliggere con il principio del giusto processo previsto nella nostra costituzione.  Non dimentichiamo poi che sul versante penale permane il problema delle carceri più volte sanzionato a livello europeo nell’ambito del quale viene sottolineata la necessità di puntare su misure di prevenzione del reato e sulla funzione rieducativa della pena.

Sulla caduta di Conte probabilmente hanno inciso una serie di congiunture. È complicato in una fase geopolitica internazionale complessa – dalla elezione di Biden negli Stati Uniti alla necessità della Ue di avere garanzie sul recovery found – individuare una sola causa di caduta.