Non vogliamo interpretare il pensiero di Morra, ma dopo la volgare strumentalizzazione delle sue parole, pronunciate in Senato, purtroppo ci tocca farlo. In tanti dicono che il senatore Morra con il suo intervento ha offeso il popolo calabrese accostando e paragonando la loro “devozione” a Santi e Madonne, a quella dei mafiosi che invece usano la simbologia cattolica più per identificarsi “nel popolo” che per fede.

Forse Morra voleva dire questo: Salvini “ostenta” la religione e i suoi simboli, allo stesso modo dei mafiosi, non per “devozione”, cosi come fanno tanti calabresi che alla Madonna credono sul serio, ma perché – e questo accade soprattutto nelle aree “geografiche” dove antico è il radicamento delle cosche e dove il sentimento e la pratica religiosa hanno radici profonde – i mafiosi pretendono di dimostrare che la mafia, attraverso l’esibizione dei simboli religiosi, è espressione autentica di quelle zone.

Come dire: identificarsi con la gente in tutto e per tutto, ponendosi, in molti casi, come gli unici detentori della “giustizia divina”, e come Dio gli unici ad avere diritto di vita o di morte su tutti. Ed è così che la fede cattolica e i suoi segni più sacri diventano strumento di acquisizione di consenso sociale. Che è quello che interessa a Salvini e ai mafiosi.

Del resto da decenni le mafie dedicano una cura particolare ai simboli e alle pratiche della religione cattolica, giusto per ricordare: i Casamonica, le iniziazioni coi santini, l’occupazione dei santuari, le processioni sotto casa dei boss, l’iconografia cattolica onnipresente nei covi. E tutto questo Salvini lo fa, a detta di Morra, non perché è mafioso, ma per ignoranza. Quella becera di chi pensa che imitando i mafiosi si possa ottenere rispetto e consenso dalla gente, al pari loro. Un concetto semplice che conosciamo tutti, ma che qualcuno vuole strumentalizzare per fini politici, facendo passare quello che in Calabria è risaputo – come l’uso sacrilego della religione – come una offesa ai calabresi. Non è così.

Infatti la stessa chiesa, dopo anni di tolleranza, ha deciso di porre fine alle blasfeme “processioni” dove più che pregare il signore si omaggia il boss. Negare questo, significa non voler bene alla Calabria che ancora oggi è schiava di questo “infame accostamento”: mafia e religione. È questo, secondo noi, il senso delle parole di Morra, con il quale, e lo ricordiamo, non abbiamo un buon rapporto, ma quando serve, a proposito di religione, bisogna dare a Cesare quel che è di Cesare. In poche parole: ha dittu a verità!

Fonte iacchitè.blog