Di Antonello Troya

E il dissesto arrivò. Sancito da un voto consiliare, il default del Comune di Belvedere adesso è ufficiale. Sarà certamente contento chi ha soffiato sul fuoco delle polemiche, chi ha spinto affinché l’ente pubblico dichiarasse ufficialmente che non è in grado di governare perché sono troppi di debiti e poche le entrate. Saranno contenti i dipendenti degli uffici che si occupano di numeri, contenti tutti gli altri dipendenti che dimenticano la loro primogenitura ad entrare in mobilità. Saranno contenti gli assessori, vecchi e nuovi, che hanno sostenuto e certificato la sconfitta di venti anni di esecutivo Granata. Si, perché poi alla fine, con il dissesto si celebra la disfatta di atti amministrativi che hanno caratterizzato Belvedere in questi quattro lustri. Tasse, tributi, interventi amministrativi, tutto è stato rimesso in gioco ieri con una semplice alzata di mano. Dito puntato contro il ventennio targato Enrico Granata. E gli amministratori che ieri hanno votato a favore dove erano in quegli anni: Vincenzo Cristofaro, Marco Liporace, l’attuale vicesindaco Francesca Impieri. Non indico Vincenzo Spinelli, ex assessore al bilancio dell’esecutivo Granata, perché in linea con la coerenza che lo ha sempre contraddistinto ha evitato di votare a favore del dissesto. Ma cosa hanno pensato ieri Impieri, Cristofaro e Liporace quando hanno votato per il dissesto? Dove erano in quegli anni? Che se poi andiamo ben a vedere la Impieri per i cinque anni passati con Granata ha speso qualcosa come 600 mila euro, mentre Cristofaro e Liporace intorno ai 200 mila. Vincenzo Spinelli ha votato contro. Avrebbe bocciato se stesso e la sua linea politica. Gli effetti ora saranno disastrosi: imposte e tasse, aliquote e tariffe innalzate alla massima misura. E se la corte dei conti stabilirà il dolo nell’amministrare la cosa pubblica per gli attuali politici ci sarà il veto per cinque anni. E forse sarebbe meglio