Di Luca Latella

La sanità in Calabria sembra sempre più una chimera. Decenni di malapolitica sanitaria non hanno fatto altro che acuire i problemi e negare il diritto alla salute costituzionalmente garantito. In queste settimane, in piena estate, se ne sono viste e sentite di tutti i colori: paramedici svenire per i carichi di lavoro, pazienti nell’astanteria del pronto soccorso per cinque giorni, penuria di farmaci anche salvavita come di garze, spauracchi continui intorno alla cronica possibilità che qualche reparto dello spoke di Corigliano Rossano chiuda battenti a cadenza quotidiana.


Non bastassero gli enormi disagi per utenza e addetti ai lavori a causa delle carenze di personale, quanto accaduto oggi all’ospedale di Rossano ha del paradossale: i medici del pronto soccorso in servizio da ieri sera alle 20, che dunque avrebbero dovuto staccare alle 8 di questa mattina, sono stati costretti a rimanere in servizio perché per loro il cambio non è mai arrivato. Con tutte le conseguenze che la stanchezza di una notte già passata a lavorare, con decine di accessi al pronto soccorso, potrebbe comportare in termini di qualità del servizio da erogare ai pazienti.

I presidi sanitari di Corigliano Rossano, peraltro, servono un’area di 220mila abitanti che d’estate si moltiplicano esponenzialmente.
L’avvicendamento è poi arrivato, con un medico – e non due – a disposizione, solo alle 14, ovvero dopo “appena” 18 stoiche ore di lavoro, mentre qualcuno al pronto soccorso ha valutato anche la possibilità di chiedere l’intervento delle forze dell’ordine.
Insomma, pur con tutta la buona volontà e il grande spirito di servizio e abnegazione dei medici, la fatica e i turni massacranti (potrebbe aumentare i rischi per pazienti e operatori. E con la sanità calabrese in ginocchio, nessuno spiraglio sembra ancora intravedersi all’orizzonte.

(l.latella@corrierecal.it)