Di Francesca Lagatta

Ieri mattina nel Comune di Fuscaldo, piangevano tutti davanti al corpo esanime di Giuseppe Ramundo, 53 anni, residente lì dopo una lunga parentesi al nord. Poco prima, intorno alle 8:30, è stato ucciso, presumibilmente dal suo vicino di casa e omonimo, Geppino Ramundo, che adesso si trova in stato di fermo ed è ricoverato in ospedale, guardato a vista dai militari. Pare che i due, dopo anni di tremendi litigi, si siano sfidati a colpi d’arma da fuoco, una pistola e un fucile, mentre gli inquirenti sono ancora al lavoro per ricostruire l’esatta dinamica e capire chi impugnava cosa.

Chi era la vittima


Sotto il sole cocente dell’ennesimo giorno maledetto della Calabria, c’è un gran via vai di gente. Arrivano prima i vicini, poi i parenti, increduli e sotto shock. «Non ci posso credere – dice una sua cugina – com’è possibile fare una cosa del genere a Giuseppe, che è la persona più buona del mondo?».

Dapprima, sembrano parole di circostanza. Poi, subito dopo, si scopre che non è così. Tutte le persone che arrivano sul posto, hanno una buona parola per lui. Dal racconto dei suoi conoscenti si scopre che Giuseppe era ritornato dal nord, dove insegnava, dopo la morte dei suoi genitori. Si era preso l’onore di accudire la sorella e due fratelli, di cui due ciechi e uno con problemi di sordità. La sorella è morta tre anni fa, mentre un altro fratello era venuto a mancare 15 anni fa in un disastroso incidente stradale a Bisignano. Per Giuseppe la vita non era mai stata facile, ma non ne aveva mai fatto un dramma. Aveva accantonato volentieri la sua vita per accudire la sua famiglia. «Per questo – dice un amico – non si era mai sistemato». Da insegnante era diventato un esperto di finanza per avere orari più flessibili. Era un tipo in gamba, dice chi lo conosceva, e aveva un cuore grande.

Lite per la servitù


Il presunto killer, Geppino Ramundo, dicono invece i vicini, era un tipo litigioso e aveva avuto discussioni con molti residenti del posto. In particolare, con Giuseppe, la lite si protraeva da 15 anni. Secondo un amico della vittima, i dissidi erano cominciati in merito a questioni che riguardavano diritti di servitù sui terreni confinanti. Successivamente, l’astio si era inasprito perché la strada sotto casa di entrambi era stata ristrutturata e aveva subito delle deformazioni che avevano modificato i canali di irrigazione.

Giuseppe, per ottenere giustizia, si era rivolto a un giudice, che, dopo un lungo iter, pochi giorni fa gli aveva dato ragione. Forse, dice l’amico, aveva anche imposto a Geppino un risarcimento. Un’umiliazione che l’uomo non avrebbe gradito e a pochi giorni dalla sentenza avrebbe cercato di regolare i conti a modo suo.