di Alessandro Pagliaro

Per la morte ci vuole rispetto. Ma per la vita ci vuole rispetto ancora di più. E Jole Santelli ha combattuto con vitalità la sua personale battaglia con la speranza di poter sconfiggere il tumore che la minava ormai da tempo. Il presidente della Commissione parlamentare antimafia, Nicola Morra, ha pronunciato frasi molto scorrette nei confronti di chi aveva tutto il diritto di conquistare i suoi traguardi. Ha detto che tutti i calabresi sapevano che lei era afflitta da un brutto cancro. Lasciando trarre le conclusioni, che male hanno fatto ad eleggere presidente della Regione Calabria chi aveva, secondo il suo pensiero, i giorni contati. E’ una concezione irriguardosa, questa, secondo cui tutti i malati oncologici gravi o meno, dovrebbero astenersi dalle proprie attività. Per cui un’insegnante nelle stesse condizioni della Santelli, non dovrebbe più insegnare, un impiegato non recarsi al suo ufficio, o una casalinga smettere di occuparsi della famiglia. E invece, Jole Santelli ha continuato a fare quello che aveva sempre fatto, cioè occuparsi di politica e di candidarsi alle elezioni per guidare la sua regione. Di certo non pensava di lasciare il suo testamento quando ha preso questa decisione, convinta come era che il male che l’affliggeva poteva anche essere sconfitto, nonostante la sua gravità. Una speranza legittima comune a quanti si sono trovati e tuttora si trovano nelle sue stesse condizioni. D’altronde, oggi da quello che una volta veniva definito un male incurabile, si guarisce sempre più con maggior frequenza, soprattutto grazie ai progressi della medicina e della scienza. E nella dura campagna elettorale, tutti hanno avuto rispetto della sua condizione, proprio a cominciare dagli avversari politici, compresi quelli dei Cinquestelle, il partito a cui appartiene Morra. Giustamente non le sono stati risparmiati gli attacchi propri di una disfida per la conquista del maggior consenso, non certo morbidi, ma mai compassionevoli. Ho incontrato da giornalista Jole Santelli in diverse trasmissioni televisive e sempre abbiamo avuto degli scontri ruvidi, soprattutto perché non condividevo le sue idee. Ma mai è mancato il rispetto reciproco, sancito a telecamere spente ogni volta da una vigorosa stretta di mano. E’ lo stesso rispetto che mi ha indotto a scrivere queste parole, per lei, ma soprattutto per i tanti malati di tumore che ancora oggi lottano con forza per continuare a vivere un’esistenza piena di sogni e di felicità.