Di Francesca Lagatta

Il massimo della pena per un omicidio, come ricorderanno le pagine di cronaca, consumato per futili motivi e con l’efferatezza di numerose coltellate, avvenuto nella notte del 22 agosto 2018 in piazza Padre Pio nella città di Diamante. Tanto ha chiesto il Pm della procura di Paola, Maria Francesca Cerchiara, nei confronti del 20enne Francesco Schiattarelli, principale indagato nell’ambito del processo che cerca di fare sulla morte di Francesco Augieri, all’epoca dei fatti 23enne e studente all’università della Calabria. Schiattarelli si trova rinchiuso nel carcere di Secondigliano dall’agosto di un anno fa, dove si consegnò spontaneamente qualche giorno dopo il delitto, dopo un’intensa attività di indagine da parte della procura paolana, guidata dal magistrato Pierpaolo Bruni, e dei carabinieri della Compagnia di Scalea.

«Sono innocente»
Il giovane, pur ammettendo di aver preso parte alla rissa di quella notte, continua però a sostenere di non aver sferrato i fendenti a petto e a gola che hanno provocato l’emorragia al rivale Augieri. D’altronde in quei tragici momenti le persone presenti sulla scena erano numerose. Nonostante ciò, la ricostruzione dell’accaduto continua ad essere un rompicapo per gli inquirenti, che in questi mesi non hanno potuto contare né sulle confessioni né su testimonianze attendibili dei presenti. La posizione di Schiattarelli è stata messa in discussione anche dalla Suprema Corte che, interrogata dagli avvocati del giovane napoletano, nella primavera scorsa rispedì gli atti al Pm chiedendo di indagare a fondo e far emergere le reali responsabilità. Ma in questi mesi, evidentemente, non è emerso alcun elemento capace di far cambiare idea al pubblico ministero paolano, che nell’udienza di ieri ha comunicato la sua decisione al giudice Rosamaria Mesiti. I legali del giovane, che hanno scelto come strategia difensiva il rito abbreviato, avranno ora poco più di un mese per raccogliere le prove a favore del proprio assistito ed evitargli l’ulteriore permanenza in carcere.

Rito ordinario per il secondo indagato
C’è un altro giovane che dovrà rispondere per la morte di Francesco Augieri. Si tratta di Raffaele Criscuolo, giornalista di origini napoletane e amico della vittima, che quella notte lo coinvolse nella rissa sfociata in tragedia. Per questo motivo, risulta indagato per concorso anomalo in omicidio. Per lui gli avvocati hanno scelto il processo con rito ordinario.

La vicenda
Sono le circa le 4 notte del 22 agosto 2018. A Diamante un gruppo di ragazzi è seduto in un bar, beve qualche drink in attesa che spunti l’alba. Uno di loro si alza e va a comprare le sigarette, solo qualche centinaio di metri più in là. E’ un giornalista di origini napoletane di 28 anni che ha stretto amicizia con dei giovani di Cosenza. Durante il tragitto viene spintonato da un ragazzino e sbotta: «Tagliati i capelli, ricc*». Nasce una colluttazione, loro sono in quattro, forse di più, hanno un coltello, il giornalista si ferisce a un gluteo, sanguina, ma non ne accorge. Sembra essere finita lì. Il gruppetto di aggressori se ne va, mentre il cronista napoletano torna al bar. «Mi so fatt vattr ra nu muccus», dice agli amici. Tradotto: mi sono fatto picchiare da un bambino. Un ferita all’orgoglio che fa più male di quella che ha sulla sua pelle. La violenza deve essere punita. Tra coloro che sono attorno al tavolo, si alza Francesco Augeri, 23 anni, figlio di un noto medico di Cosenza e sfegatato tifoso rossublù. I due si incamminano, forse incappucciati diranno le indagini, in cerca degli aggressori. Percorrono 300, 400 metri, non di più, e li trovano, all’altezza della piazzetta intitolata a Padre Pio. E’ un attimo, gli sguardi si incrociano, volano parole grosse e spintoni. E di nuovo spunta fuori il coltello. Francesco Augieri viene colpito da numerose coltellate e cade a terra in una pozza di sangue. I protagonisti della vicenda si dileguano, l’amico chiama i soccorsi. Il sangue fuoriesce copioso. I sanitari a bordo dell’ambulanza fanno un primo tentativo di salvarlo trasportandolo all’ospedale di Cetraro. Non è chiaro cosa accade il quei minuti, ma il ferito non può rimanere nel nosocomio cetrarese e viene rimesso in ambulanza, direzione ospedale Annunziata di Cosenza. Intanto è passata più di un’ora e il 23enne si spegne prima di varcare la soglia. L’autopsia dirà che ad uccidere Francesco sono state due coltellate al torace e una alla gola.