Di Saverio Di Giorno

Fonte: Il Meridione

Occorre prendersi la responsabilità di leggere la realtà come si legge un testo. Non basta limitarsi, cioè, a leggere le parole singolarmente, ma attribuirgli un senso generale, legandole le une alle altre. Bisogna tentare letture coerenti dei fatti. Bene, i fatti suggeri- scono che in Calabria, e in particolar modo nella provincia di Cosenza, c’è il concreto rischio di una guerra di mafia. Forse già in corso. Gli indizi che lo lasciano supporre sono tanti.
Una guerra legata alle prossime elezioni regionali. Sono indizi che vanno cercati nei vari territori che, a prima vista, potrebbero sembrare slegati, ma man mano che ci si allontana, la prospettiva unitaria appare più reale.

Si potrebbe partire dal territorio dell’Alto Tirreno Cosentino: da ormai qualche anno, si assiste ad una recrudescenza della criminalità e in particolare dei fenomeni estorsivi. Incendi nelle strutture turistiche, spari a ditte per i lavori pubblici e furti di mezzi appartenenti a ditte dei rifiuti. Tutti questi fenomeni, nel grande testo della criminalità, sono sgrammaticature, sbavature, giustificabili solo con una perdita progressiva di controllo del territorio. Una cosca ha bisogno di ricorrere in maniera massiccia al taglieggio e all’estorsione quando vengono a mancare almeno una delle due grandi fonti di guadagno: droga e appalti pubblici.

Come più volte documentato, nell’Alto Tirreno Cosentino il mercato della droga è affidato a ragazzini sempre più giovani e sulle storiche piazze di spaccio arrivano altre sostanze e ritorna l’eroina che costa meno. Aumentano le risse nei locali e fuori. Probabilmente c’è la concorrenza della vicina camorra napoletana (alcuni mezzi rubati sono stati ritrovati nel napoletano), ma anche di altre cosche in espansione.

Le inchieste che si sono susseguite su questo territorio, negli anni passati, hanno intaccato il braccio militare (e solo quello) del clan Muto che ha contribuito probabilmente ad una crisi che però ha radici più profonde. In generale, in tutta la provincia di Cosenza c’è un aumento delle armi depositate e a volte recuperate segno che anche le cosche si sentono minacciate.

Parlare dei lavori pubblici implica fare un passo superiore in questa analisi logica e coinvolgere il famoso livello politico. Prima fra tutte, la sanità, eterna mangiatoia, distrutta e utilizzata solo per assegnare poltrone e mobilitare pacchetti di voti e il tutto a favore di strutture private.

Questo al momento non è più possibile: in parte per il decreto speciale sulla Calabria, che ha decapitato le nomine della vecchia politica, ma anche per il taglio dei finanziamenti per molte cliniche private controllate dalla crimina- lità.
Altri enti, a partire dai comuni, sono in dissesto e, come si sa, senza soldi non si cantano messe, ma senza stipendi non c’è fedeltà.

Nel territorio della Sibaritide, invece, l’estate scorsa è stato ammazzato lo storico boss Portoraro e anche lì si susseguono una serie di episodi estorsivi collegati al giro di miliardi in arrivo per strade e altro.
Questa, però, forse è solo una conseguenza, bisogna invertire soggetto e oggetto. Sulla Sibaritide l’omicidio di Portoraro si collegherebbe proprio ad una mancata spartizione delle percentuali sui nuovi lavori pubblici. Un problema che arriva solo ora, dopo che, per anni, ha funzionato tutto bene, nonostante le faide. Il boss ha sempre avuto la protezione dei po- tenti clan del reggino. Ora, però, forse il vecchio boss non era più così potente da poter chiedere una percentuale sui nuovi lavori. In generale, i referenti politici sui quali finora hanno potuto contare le cosche sono indeboliti dal cambio del regime politico. I vecchi partiti non funzionano più e i nuovi, la Lega in special modo, sono molto accorti nello scegliere la classe dirigente, tenendo fuori nomi delicati o imbarazzanti. Non potendosi rici- clare, sono di fatti bruciati e le cosche non hanno alcun interesse a “sostenerli”.

Non è un caso che alle elezioni europee, e anche alle comunali, i vecchi assi del consenso hanno mostrato un netto calo di consensi. Da Corigliano-Rossano fino a Scalea. Per contro, i boss senza i loro corrispettivi in politica sono più vulnerabili e attaccabili, come detto sopra, da altre cosche che hanno invece piazzato già i loro cavalli. Questa considerazione porta a discutere sull’ultimo nodo, il più delicato: la magistratura. In virtù della loro forza, questi signori hanno goduto evidentemente di coperture in alcune procure. Tornano in mente le inchieste condotte dal pm Bruni con i loro omissis sui nomi e le intercettazioni fermatesi per la sua promozione e di cui ancora non si sa nulla.

Queste denunce, che sono sempre e solo rimaste sui giornali, sono state confermate dalla “fuga di notizia” sui 15 magistrati indagati a Salerno – altra fuga arrivata con un tempismo perfetto quella sulle indagini a carico di Occhiuto – e dalle ultime parole di Gratteri sul ter- ritorio di Cosenza. Parole di Gratteri che si sono fatte più sicure e insistenti del solito, forte anche del fatto della sua vicinanza con Salvini e proprio mentre il sistema di potere facente capo simbolicamente a “Palamara” è collassato.
Una bella retata fa bene alle carriere e gli alleati di Gratteri sono i favoriti alle prossime elezioni.

È un momento storico molto delicato, una congiuntura fatale soprattutto nella provincia di Cosenza. Questo territorio non è mai stato toccato da una grande inchiesta come quelle di De Raho a Reggio e i vecchi grumi di potere si sono adagiati pensando ad un sistema immodificabile e perennemente riciclabile.
Il repentino cambio di prospettive e la particolare politica della Lega, evidentemente guidata dai padroni di Reggio e provincia (gli stessi che proteggevano Portoraro e che avevano appoggiato molte nomine poi riconfermate), ha cambiato le carte in tavola e non tutti sono stati pronti.
Questo momento storico di debolezza, di interregno potrebbe essere favorevole ad una forza nuova e pulita che volesse imporsi. Una cosa che difficilmente poi si ripeterà una volta stabiliti i nuovi equilibri. Basterebbe un po’ di coraggio e un po’ di fiducia, o forse si può far finta che nulla stia accadendo e lasciare che tutto cambi per far sì che tutto resti uguale…