Non si sono sottratti alle domande del Gip a cui hanno risposto per oltre un’ora nel carcere di Vibo Valentia i due assistenti capo della polizia penitenziaria Luigi Frassanito di 56 anni e Giovanni Porco, di 53 anni, difesi rispettivamente dagli avvocati Filippo Cinnante e Cristian Cristiano che avrebbero posto in essere condotte finalizzate a favorire detenuti nel carcere di Cosenza, appartenenti alle cosche di ‘ndrangheta “Lanzino/Ruà/Patitucci”, “Bruni/Zingari” e “Rango/Zingari”.

I due indagati si sono dichiarati estranei ai fatti. Frassaniti, in particolare ha dichiarato di essere pronto a qualsiasi confronto con i collaboratori di giustizia perchè assolutamente innocente ed estraneo alla vicenda. Già nella giornata di lunedì prossimo, il legale di Porco depositerà istanza scarcerazione.

Dagli accertamenti portati avanti dalla Procura Distrettuale Antimafia sarebbe emerso che i due appartenenti alla Polizia Penitenziaria si sarebbero messi a disposizione delle consorterie mafiose, garantendo ai detenuti di poter continuare ad avere contatti con l’esterno ed in particolare, con i sodali liberi; veicolando agli stessi messaggi, anche mediante “pizzini”, per sviare indagini in corso su omicidi o per impartire disposizioni sugli imprenditori destinatari di attività estorsiva, per recuperare somme di danaro dovute per pregresse forniture di stupefacente o, ancora, per far filtrare notizie su reclusi che intendevano avviare percorsi di collaborazione con la giustizia.

PULICANO’ E L’ELENCO DEI PROVENTI DELLO SPACCIO


Nove i pentiti che parlano dei favori ricevuti dagli assistenti capo oggi indagati: Adolfo Foggetti, Daniele Lamanna, Luca Pellicori, Ernesto Foggetti, Mattia Pulicanò, Franco Bruzzese, Vincenzo De Rose, Francesco Noblea e Luciano Impieri. Dopo Adolfo Foggetti che racconta dei messaggi da portare all’esterno del carcere sull’omicidio Messinetti (leggi qui la notizia) Mattia Pulicanò parla di elenchi di nominativi di spacciatori che Frassanito portava fuori dal carcere a chi di dovere per recuperare i proventi di spaccio da far confluire nella bacinella. In particolare racconta: “Il mezzo più comune per portare all’esterno ordini e messaggi è per il tramite dei familiari durante i colloqui ormai sempre più rischiosi per via di possibili intercettazioni. Ci avvaliamo di persone insospettabili come poliziotti penitenziari. Noi della cosca Lanzino Ruà ci siamo avvalsi di due poliziotti che erano a nostra disposizione per fare entrare in carcere ogni confort: dolci, mp3, orologi e profumi senza passare per i canali ufficiali. Per mio conto dopo il mio arresto, nel settembre 2009, Frassanito portò all’esterno un elenco contente tutti i nominativi delle persone che spacciavano per mio conto e quindi, le somme di denaro, che dovevano rientrare nella bacinella”.

Fonte ed articolo completo su QUICOSENZA