Buon pomeriggio a tutti. In merito alle proposte da trattare sabato nell’incontro con il Coordinamento in materia del
Mare sporco, come Comitato “Torremezzo bene comune”, vorrei condividere con voi alcune mie riflessioni e suggerire delle linee di azioni. Nel consultare alcuni documenti riguardanti Arpacal, Capitaneria di Porto e Corpo forestale mi sono trovata a non saper se ridere o piangere. Sembra da una parte una situazione kafkiana, dall’altra meramente mafiosa.
Intanto L’ Arpacal si definisce “ente strumentale della regione Calabria e svolge attività di supporto e di consulenza tecnico-scientifica e altre attività utili alla regione, alle province e ai comuni, agli enti che rappresentano il nostro territorio, per lo svolgimento di compiti attribuitile dalla legislazione nel campo della prevenzione e della tutela ambientale. Vi è una sorta di avvalimento del nostro ente da parte degli enti appena citati nonché da parte dell’autorità giudiziaria e della polizia giudiziaria. Sembra importante chiarirlo per delimitare le attività e le competenze di Arpacal e anche per spiegare perché alcune informazioni non sono in possesso della nostra agenzia, proprio perché agiamo a supporto degli enti, non abbiamo competenze su attività proprie e specifiche.” Ancora afferma che “Ne discende, quindi, che la normativa in argomento non prevede compiti di controllo in capo alle ARPA, né dal punto di vista del rispetto dell’ordinanza da parte dei gestori né per quanto riguarda il monitoraggio delle attività in deroga o la verifica dell’efficacia dei provvedimenti assunti.”. Si evidenzia ancora che per quanto riguarda il sistema di depurazione delle acque, le attività di controllo svolte da Arpacal sugli impianti non prevedono una raccolta sistematica delle informazioni richieste, in quanto vengono condotte a titolo di supporto alla polizia giudiziaria o sulla base di specifici accordi con le province, che sono le autorità competenti sia sulle autorizzazioni sia sui controlli. Con le province, attraverso questi accordi, queste convenzioni, vengono stabiliti il numero e la tipologia dei controlli affidati ad Arpacal, che principalmente riguardano il campionamento e le analisi delle acque reflue in entrata e in uscita dagli impianti.
Pertanto, specifiche informazioni sul sistema della depurazione delle acque e sullo smaltimento dei fanghi sul territorio regionale possono essere disponibili nei competenti uffici provinciali e della regione. L’Arpacal afferma ancora che su questi impianti ha una programmazione regionale cui tutti i dipartimenti si affidano per effettuarla, dopodiché avviene la trasmissione sempre all’autorità competente, che è il dipartimento ambiente e territorio della regione Calabria. Sugli altri impianti fa dei controlli, ma a supporto delle procure, della polizia giudiziaria, per eventuali esposti, o facendo degli accordi specifici con le province, che sono le autorità competenti per il controllo, oltre che per il rilascio delle autorizzazioni. Si parla sia degli impianti di gestione rifiuti sia di quelli di depurazione delle acque reflue urbane. Mancano gli accordi di programma fatti dalla regione che permetterebbero di avere una programmazione regionale specifica anche su questi tipi di impianti, come per gli insediamenti AIA. L’ Arpacal ha tabellato poi proprio il numero dei controlli effettuati, che nel 2018 sono stati 248 per quanto riguarda gli impianti di depurazione, con 255 sopralluoghi, 300 campionamenti. Questo è per quanto riguarda le attività a supporto dell’autorità competente, che è la provincia.
Per quanto riguarda i controlli fatti a supporto della polizia giudiziaria, sono risultati 88 impianti controllati per 91 sopralluoghi e 167… I reati contestati sono di natura amministrativa. Quando agisce per supportare le procure e le polizie giudiziarie, i reati vengono contestati direttamente da loro. Molto spesso l’Arpacal, come essa stessa afferma, non conosce la conclusione dell’attività investigativa da parte loro, ma rientra solamente nella parte proprio del supporto analitico.
Insomma L’ Arpacal fa dei campionamenti, per entrare più nello specifico, all’entrata e all’uscita del depuratore, verificando la conformità delle analisi ai limiti imposti dalla normativa, dopodiché la relazione viene trasmessa all’ente che l’ha richiesta con un giudizio di merito in base alla conformità dello scarico. Non distingue tra impianti in procedura di infrazione e impianti che non lo sono. È sempre un supporto che da sulla base di una richiesta specifica.
Qualche dipartimento provinciale ha fatto poi degli accordi specifici con le province di competenza, ma in questo caso si fanno dei controlli sulla base del numero di impianti che loro comunicano all’ Arpacal stessa. L’ente alla fine contesta
soprattutto gli illeciti amministrativi. Non contesta illeciti penali, di cui si occupa la procura.
Gli illeciti amministrativi sono soprattutto per non conformità di natura batteriologica, per esempio per non adeguata disinfezione delle acque di scarico o per qualche parametro, nitriti, ammoniaca o solidi sospesi per la parte chimica, dovuti a non adeguato trattamento chimico-fisico dell’impianto per inadeguatezza tecnologica o per le portate, che sono superiori rispetto alle capacità di trattamento dell’impianto. Sono queste, grosso modo. L’ Arpacal afferma che non ha a disposizione nel dettaglio quest’informazione depuratore per depuratore, ma per gli impianti controllati “potrebbe anche fornirla”.
Per quanto riguarda gli scarichi abusivi, L’ Entr non ha, per come afferma, un dato regionale, perché questo è un reato penale e l’ Arpacal non svolge attività di polizia giudiziaria. Supporta sempre le procure a livello analitico. Fa dei campionamenti, delle analisi, dopodiché trasmette gli esiti analitici alle procure, che poi svolgeranno le indagini del caso. Non ha un dato per poter avere una contezza regionale di questo fenomeno, che comunque c’è, è innegabile che ci sia. Molto spesso, l’ Arpacal viene chiamata proprio a intervenire su questa tipologia di fenomeno, di discariche abusive, di sversamenti non autorizzati nei corsi d’acqua, nei torrenti, che possono anche provocare dei problemi nelle acque.
Il dato, però, continua a ripetere L’ Ente, non lo ha, perché è a disposizione delle procure. Sono sempre le procure che intervengono, o le Capitanerie di porto. L’Arpacal afferma quindi è ancora che la competenza di controllo è in capo alla provincia nel caso della depurazione, perché è l’ente che rilascia l’autorizzazione e che ha il controllo. Loro vengono chiamati a supporto. Non hanno un loro piano specifico di controlli.
Questo piano è previsto, dalla normativa che ha istituito l’agenzia, che avvenga su base regionale. È la regione che dovrebbe fare questa specie di piano di programma con le province, e comunque con le autorità competenti al rilascio delle autorizzazioni. Il controllo si accompagna proprio all’autorità che ha il potere di dare l’autorizzazione. L’ Arpacal agisce a supporto. Viene chiamata. Se un piano, un programma esiste, è poi attraverso le convenzioni o gli accordi che l’Arpacal si muove, in coerenza con quanto è previsto nell’accordo che discende dal piano e dal programma.
L’ Ente ancora afferma che gli impianti hanno difficoltà a smaltire questi fanghi. Molto spesso, li ritrova all’interno, e questo provoca senz’altro una criticità dal punto di vista della depurazione delle acque reflue. Chiaramente, queste enormi quantità di fanghi depositati nei letti di essiccazione possono travasare, e quindi essere poi immesse nelle acque superficiali o addirittura a mare. Questo è sicuramente una delle criticità più importanti del nostro territorio regionale. Altresì L’ Arpacal afferma di non averne una contezza. Essendo anche questo un illecito penale, viene sempre gestito dalle procure. L’ Ente fa solo da supporto e non ha dei dati di sintesi o delle elaborazioni in merito a queste attività.
Ne deduco quindi che L’ Arpacal si definisce quasi ”inutile” per sottrarsi chiaramente alle sue responsabilità, definendo il suo compito meramente “analitico”. Ma dati però non ne da e demanda tutto alla Regione, Provincia, Asp, Amministrazioni comunali e Procura.
Un’attenzione diversa mi sembra fornita dalla Capitaneria di Porto che afferma che l’attività svolta nel territorio di competenza ha consentito di effettuare approfondimenti sullo stato delle coste e del mare, rilevando sistematiche criticità per quanto riguarda la cattiva gestione dei reflui fognari e industriali, oltre che costruzione abusive sul demanio marittimo e irregolare smaltimento dei rifiuti.
In particolare, per quanto attiene al sistema della depurazione in Calabria, quindi focalizzando l’attenzione sull’anno 2018, lo stato dell’arte della regione è il seguente: 23 depuratori sottoposti a sequestro nel compartimento di Reggio Calabria; 2 depuratori sequestrati nel compartimento di Gioia Tauro; 2 depuratori nel compartimento di Vibo Valentia; 26 depuratori nel compartimento di Corigliano Calabro; un depuratore nel compartimento di Crotone.
Una tra tutte che potrebbe sintetizzare e quasi costituire in modo emblematico lo stato dell’arte per quanto riguarda il sistema di depurazione in Calabria, è la risultanza dell’operazione «Mala Depurazione», che ha visto concludere le indagini nell’anno 2018 con l’emissione di provvedimenti di avviso di conclusione delle stesse nei confronti di 53 soggetti indagati a vario titolo, tra cui dirigenti e funzionari delle varie società nonché sindaci e dirigenti pro tempore degli uffici tecnici dei lavori pubblici dei comuni ove sono ubicati gli impianti.
Le ipotesi di reato sono le seguenti: inadempimento di contratti di pubbliche forniture; omissione d’atti d’ufficio; disastro ambientale; getto pericoloso di cose; attività di gestione non autorizzata di rifiuti con smaltimento illecito degli stessi.
Quest’operazione ha comportato il sequestro di 14 impianti di depurazione sottoposti a osservazione, con affidamento in custodia al dirigente del dipartimento presidenza della regione Calabria per le operazioni di coordinamento e rimessa in efficienza degli stessi. I 14 impianti risultano essere allocati: 6 nel comune di Reggio Calabria, uno nel comune di Villa San Giovanni, 2 nel comune di Scilla, un impianto a Bagnara Calabra, 2 nel comune di Motta San Giovanni, un impianto a Marina di San Lorenzo, uno nel comune di Cardeto.
Le attività hanno fatto emergere una situazione generale estremamente critica, con gravi conseguenze sull’ambiente, con particolare riferimento a malfunzionamento degli impianti, mancanza o mal funzionamento di compressori, elettropompe, misuratori di portata, presenza di bypass non autorizzati nonché smaltimento illecito di rifiuti, fanghi e vaglio di grigliatura prodotti.
A conclusione, si può giungere a elencare questa serie di criticità riscontrate che mettono in evidenza che l’inquinamento nelle acque marine per la regione Calabria deriva principalmente dal carente sistema fognario e depurativo, con consequenziali forti impatti sulla qualità delle acque.
Le maggiori criticità riscontrate possono essere evidenziate così come di seguito elencato: inadeguatezza strutturale di molti impianti; generalizzata carenza di manutenzione ordinaria e straordinaria; mancanza di programmazione dei lavori di manutenzione; smaltimento illecito dei fanghi di depurazione; carenza di personale negli impianti; assenza di monitoraggio costante delle condizioni di funzionamento; malfunzionamento delle stazioni di sollevamento; rotture o intasamento delle condotte, che sono causa di scarico in mare, quindi privi di alcuna depurazione.
Le reti fognarie, inoltre, nella quasi totalità dei casi accertati, non presentano idonea separazione tra acque bianche e acque nere, con conseguente insabbiamento di condutture e stazioni di sollevamento.
Questo è per quanto riguarda l’aspetto del sistema di depurazione. Secondo la Capitaneria di Porto la mancanza, l’inadeguatezza strutturale, la creazione di bypass o gli appalti affidati a società che poi non hanno eseguito le operazioni per le quali avevano ricevuto la commessa, fanno pensare che dietro a questo sistema ci possa essere un’articolazione più complessa.
È stato rilevato che gli atti prodotti hanno condotto all’individuazione di responsabili individuati o nel personale tecnico preposto a questo tipo di impianti o in sindaci nel caso di realtà di comuni.
Infine il Corpo Forestale afferma che per irregolari si intende tutti quei depuratori che in qualche maniera non presentano i requisiti di legge, non vengono gestiti secondo i requisiti di legge, quindi per non regolari si intende anche semplice attività di sversamento non autorizzato ovvero, come successo in diversi casi, depuratori che non completavano il ciclo di depurazione, quindi sia in maniera colposa che, come in alcuni casi è stato riscontrato, anche in maniera dolosa le acque venivano riversate tal quale nei corsi d’acqua. Importante è un controllo sugli stessi locali che gestiscono in house questi impianti. Quindi il Corpo Forestale sottolinea che, a fronte di un numero forse a volte anche eccessivo, forse privo di un progetto complessivo di visione d’insieme, si porta dietro questa problematica, quella della gestione di questi impianti che non sempre si riesce a gestire regolarmente.
E qui, come Comitato, arriviamo al punto che abbiamo trattato come primario in sede di incontro con il sindaco E. Conti, ossia avere un report da parte di chi gestisce il depuratore per ravvisare, da parte di professionisti competenti ovviamente, eventuali anomalie nella gestione e nella manutenzione dello stesso e procedere quindi con un ns sopralluogo, sempre con ingegneri ambientali e professionisti nella depurazione, per verificare se ci sono criticità e se si può intervenire prima di utilizzare i 650mila € stanziati dalla Regione in maniera superflua.
Alla luce di tutto ciò ritengo che in primis vadano pianificati incontri sui singoli territori con i sindaci e chi gestisce gli impianti di depurazione per verificarne il corretto funzionamento nelle varie fasi e processi di depurazione e la corretta manutenzione degli impianti stessi. Dopo questa “mappatura” si può procedere ad incontrare gli enti preposti come Capitaneria di Porto, Corpo Forestale, Provincia, Regione, Asp, Arpacal, Procura per avere dati certi e una fotografia di quella che è la reale situazione così da trovare soluzioni concrete.
Questo è quanto il Comitato “Torremezzo bene comune” illustra e propone al Coordinamento.
Grazie per l’attenzione.
Comitato Torremezzo bene comune